Frontex, immigrazione e (dis)integrazione

Fallimento di un sistema o spinta propulsiva per attuarne uno efficace?
Di dott.ssa Fabiana Latte
“Metrò, boulot, dodo” è un’espressione tipicamente francese per indicare il tran tran della vita. Quelle stesse vite spezzate in questi giorni a Parigi. E’ stata gettata un’ombra sulla vita quotidiana degli abitanti della ville lumière. L’accaduto non pone soltanto riflessioni sulla tutela della democrazia , della libertà di stampa e della libera espressione del proprio pensiero.
Ciò che viene toccato più nel profondo è la questione del controllo dei flussi migratori. E’ tempo che l’Europa intervenga in maniera più attiva e garantista e proponga misure efficaci per coordinare i flussi migratori che molti Paesi dell’Unione sono costretti a gestire.
Non si vuole mettere in discussione lo spazio creato dalla stessa Unione Europea, quello spazio di libertà, giustizia e sicurezza comune che è stato alla base dello spirito e della creazione dell’Europa unita. Questo vuol dire, una crescente domanda volta ad aumentare i livelli di controllo e di tutela per quei Paesi più esposti ai flussi migratori. Così come è stato ampiamente criticato e sottolineato nei giorni scorsi.
Nonostante le diverse politiche che si sono provate ad attuare, l’Europa sembra continuare ad avere un atteggiamento indifferente e impotente. Questo, molto probabilmente, non è più tollerabile né accettabile. Non si vogliono reprimere le diversità culturali o sociali tra i diversi cittadini del mondo, si vuole e si deve reprimere quel continuo flusso messo in atto da veri e propri “mercanti di esseri umani” (se non addirittura “schiavi”!).
I confini del mediterraneo sono i confini dell’Europa e non possiamo essere lasciati soli dalla nostra Comunità. Non si deve confondere con la multiculturalità con altri fenomeni come quello apparso nelle prime pagine di tutti i giornali. L’accaduto ha posto in crisi anche il sistema di sicurezza francese, impreparato a gestire questo tipo di situazioni, impreparato a fronteggiare la richiesta di misure più efficaci contro il fenomeno migratorio.
Non ci sono religioni o culture da bandire, ciò che si richiede è un maggior controllo. In questo scenario si mostra totalmente lacunoso e inefficace il cd. Frontex, anche se ha rappresentato un passo fondamentale per la lotta al fenomeno dell’immigrazione clandestina. Il Regolamento CE n. 2007/2004 del 26 ottobre 2004 ha istituito l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (Frontex, dal francese Frontières extérieures), con sede a Varsavia. Attraverso detta agenzia, si dovrebbe semplificare l’applicazione delle misure comunitarie in materia di gestione delle frontiere lasciando però ampi margini di manovra agli Stati membri che, con il tramite dell’Agenzia, potranno coordinarsi al meglio.
Ciò che immediatamente rileva è che gli stessi Stati membri, restano gli unici responsabili del controllo e della sorveglianza delle frontiere esterne.
L’Agenzia ha come scopo precipuo, quindi, coordinare le diverse forze e strumenti che vengono dispiegati dai singoli Stati e , in aggiunta, fornirebbe assistenza e sostegno per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte. Frontex opera in stretto collegamento con altri organismi comunitari e dell’Unione come l’Europol, l’accademia europea di polizia (Cepol) e Olaf (ufficio europeo anti frodi), ivi inclusa la cooperazione nel settore delle dogane e dei controlli sanitari, in modo tale da garantire la coerenza dell’intero sistema. All’atto pratico e nella realtà del mar Mediterraneo si è visto come è stato offerto un solido contributo a Frontex per l’operazione Triton di controllo delle frontiere marittime (dal 1° novembre 2014) dove vede l’Italia, il Paese coordinatore. Tutte le forze sono state dispiegate per fronteggiare le emergenze dell’immigrazione clandestina.
Ma Frontex non si rivela sufficiente ad arginare il relativo fenomeno e, come sempre accade alle buone idee, il progetto resta sostanzialmente privo di fondi per attuare i diversi interventi che si propone. Quello a nostra disposizione, quindi, è un team di guardie di frontiera che però non è ancora organizzato al meglio.
Ciò che si auspica in tema di immigrazione è il concretizzarsi dell’idea di innovare e riorganizzare l’intera Agenzia. Si parla, infatti, di un vero e proprio rafforzamento del sistema entro la metà del 2015.
Difatti il commissario dell’Unione Europea agli Affari Interni, sta tracciando le prime linee propulsive per innovare il sistema. Ciò che viene richiesto, però, è un’effettiva e attiva cooperazione tra i diversi Stati membri. Uno spirito di solidarietà degli stessi, che spesso è del tutto assente. Non una responsabilità dei singoli Stati membri ma si dovrebbe richiedere una responsabilità congiunta.
Si auspica, quindi, al rafforzamento di Frontex potendo così ricollocare al meglio i rifugiati, consentire un’ottimizzazione e un buon funzionamento delle regole per l’asilo. Si vuole, pertanto, ottimizzare il sistema di asilo per consentire un controllo più pregnante alle frontiere dell’Europa e permettere un immediato ricollocamento in uno degli Stati dell’Europa e non per forza nel primo Stato che accoglie i numerosi rifugiati o che paga lo scotto della posizione geografica in cui si trova.
Un’ultima idea innovativa riguarda le migrazioni regolari, ove si richiede anzitutto un miglioramento del sistema di accoglienza e successivamente una migliore formazione per i cittadini provenienti dai diversi Stati.

In questi giorni, in vista dell’accaduto a Parigi, si assiste ad una vera e propria chiusura dei diversi Paesi. I singoli Stati reagiscono alla paura confinandosi nei propri spazi limitati geograficamente quando, al contrario, dovrebbero unire le proprie risorse ed attuare politiche comuni. Quello che però si vuol affermare è che in un’Europa che si professa unita, per simili emergenze, occorrono forze coordinate ed organizzate. Si vuole e si auspica una vera e propria politica dell’immigrazione che sia coesa e sorretta da tutti gli Stati membri.

L’incontro con l’altro non deve generare odio e non deve essere fonte di problema, non è il nemico e generalizzare o creare allarmismi è inutile.

Vi lascio con questo pensiero: “Pensare la differenza significa per noi non avere chiusure. Significa sapere di essere depositari di una propria singolarità. L’incontro con l’altro è un viaggio incessante che può portarci a continui sconfinamenti. L’altro, ogni altro, porta una differenza con sé. Noi siamo l’altro”.

IMG_2704.JPG

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Back To Top