Franco Califano, un match con il destino

Non ho religione, non ho famiglia, a volte non ho nemmeno pensieri. Sono cresciuto prendendo calci e cercando di restituirli quand’era possibile. Un match lunghissimo con il destino che mi porto appiccicato. Giù io o giù lui. La partita non è ancora finita, chissà quale sarà l’epilogo…” (Franco Califano, tratto dal libro “Il cuore nel sesso, ed. Castevecchi, 2000)

1 APRILE 2013- All’età di 74 anni l’altro ieri ci ha lasciato Franco Califano, soprannominato il “Califfo”. Malato da tempo aveva deciso di vivere il suo ultimo tempo senza cure e circondato soltanto dalle persone più care a Roma, nella sua casa nella frazione di Acilia. Ma molto recentemente aveva regalo un’altra apparizione in pubblico, lo scorso 18 marzo , al Teatro Sistina di Roma. Oggi si è aperta la camera ardente e domani si terranno i funerali nella Chiesta degli Artisti di Piazza del Popolo a Roma.

Una vita quella del Califfo vissuta davvero a pieno, all’ennesima potenza nel bene e nel male, passando dal successo ai problemi con la giustizia.
Nato nel 1938 a bordo di un aereo  in volo su Tripoli, all’epoca colonia italiana, l’immagine che  nel tempo si è cucito addosso era quella di uno uomo molto sicuro di sé, vanitoso, conquistatore di donne, forse anche un po’ spregiudicato e strafottente, ma dietro a questa corazza si nascondeva altro. Oltre all’immagine a volte patinata, spesso presente in giornaletti scandalistici, vi era altro. E lo si legge nei testi che scriveva.

Solo un animo di straordinaria sensibilità e  pieno di emozioni può aver saputo  scrivere testi di canzoni che sono entrati  davvero nel cuore di tanti, indimenticabili, come Minuetto (scritta insieme a Dario Baldan Bembo) o La nevicata del ’56 (scritta a quattro mani con Carla Vistarini).
Ed ancora per Ornella Vanoni  “La musica è finita” , “Una ragione di più” scritta con Mino Reitano); per  Peppino di Capri “Un grande amore e niente più” , per Bruno Martino “E la chiamano estate” ( scritta in coppia con lo stesso Martino). Scrive anche per  Edoardo Vianello e Wilma Goich il pezzo “Semo gente de borgata)”.
Per Caterina Caselli tre canzoni: “Le ali della gioventù”, “Che strano amore” e “Un po’ di te”  e la per  la grande  l’intero album “Amanti di valore” del 1974.

HA saputo dare le parole a voci straordinarie della musica italiana,ma ha scritto anche pezzi da lui stesso interpretati come il famoso “Tutto il resto è noia”. Sulla musica di Frank Del Giudice. Cantautore ma anche poeta  con brani a volte anche umoristici.

Ha sempre amato la libertà intesa come il vivere senza troppe regole ed imposizioni e a volte di questa scelta ha pagato le conseguenze.  Arrestato nel 1970 per possesso di stupefacenti, ritorna in carcere anche nel 1983 sempre a causa della droga  e di porto abusivo di armi. Tutte le volte ne esce però assolto  ma l’esperienza lo segna, crea delle cicatrici nella sua anima che traduce in un album “ Impronte digitali”. E anche dopo molti anni il ricordo di quelle esperienze in carcere torna cosi nel 2012 dedica un duetto con Simone Cristicchi, “Stò a cercà lavoro”, ai giovani detenuti del carcere minorile di Nisida. I proventi del brano vanno al progetto “Liberi di…”, per la rieducazione e l’inserimento lavorativo dei giovani reclusi.

Cantore ed autore di testi definiti da molti “senza tempo”, rimarrà anche lui stesso senza tempo perché sarà comunque ricordato come un pezzo della musica italiana e di quella romanità che ha saputo rappresentare apparentemente sopra le righe, in realtà in modo molto profondo.

Aveva trovato la chiave per vivere senza noia, quella noia che leggeva in tutto ciò che lo circondava.

VALENTINA COPPARONI

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