“Casa de’ nialtri, storia di una occupazione”

LIBRO-DIARIO SUL CASO DELL’EX SCUOLA DI ANCONA

9 cop Casa Nialtri– ANCONA – di Anna Nicoletti – Un piccolo libro “fatto in casa” su una delle vicende più recenti e significative di Ancona. Vicenda ancora viva sulla pelle dei protagonisti e nell’animo dei tanti cittadini che l’hanno appoggiata. Si tratta dell’occupazione temporanea della ex scuola materna “Regina Margherita”, di proprietà del Comune, in stato di disuso e abbandono da ben tre anni. Occupazione attuata il 22 dicembre 2013 da un gruppo di senzatetto, che si era costituito in inverno come movimento anconetano per il diritto per tutti ad avere un tetto decoroso sotto cui vivere. Ed i cui esponenti avevano cercato di rapportarsi con l’Amministrazione comunale per cercare insieme una soluzione istituzionale, nuova e stabile, al problema dell’emergenza casa, sempre più cronico, eterogeneo e in crescita nel capoluogo marchigiano.

Le persone coinvolte, dapprima una ventina, tra cui moltissimi stranieri di 14 nazionali diverse, hanno raggiunto durante l’occupazione la punta di 60 aderenti, stabilizzandosi intorno a una media di 40. Un’esperienza, Casa de’ nialtri – così il movimento ha ribattezzato l’ex edificio scolastico di via Ragusa, nel rione Piano – stroncata la mattina del 5 febbraio 2014 da un ampio spiegamento di forze dell’ordine più volte sollecitato dal sindaco Pd Valeria Mancinelli: tutti fuori, sgombero, una trentina di persone caricate in autobus e spedite in una struttura agrituristica d’accoglienza temporanea a San Marcello di Jesi.

Il libro, steso nella forma di un diario di cronaca, riporta gli eventi, i problemi e le sensazioni che giorno dopo giorno hanno animato la vita della comunità di convivenza abitativa creata all’interno della nuoca Casa autogestita. La chiarezza con cui vengono narrati i fatti fa capire quanto questa occupazione sia stata necessaria ed inevitabile. Un atto coraggioso compiuto da persone responsabili, messe alle strette dall’amara e inaccettabile realtà della precarietà abitativa, provenienti da percorsi e Paesi diversi, animate dalla volontà di non arrendersi ad una vita di strada. L’occupazione aveva creato un’originalissima esperienza pienamente condivisa e solidale. Capaci, i protagonisti, di conoscersi e rispettarsi, di organizzare in modo razionale e democratico gli spazi dell’ex scuola (dormitorio, cucina, mensa, stanza per socializzazione- ricreatività-assemblee, deposito per generi di prima necessità) e di alimentare il sogno di una vita nuova e pienamente integrata nel tessuto cittadino.

Da sottolineare che nel movimento erano confluiti soggetti collettivi come Ancona Bene Comune, Unione Inquilini, gruppo anarchico Malatesta, associazione Acu Marche, Laboratorio sociale. E che la lotta era stata sostenuta a livello politico da Sel e Pdci-Prc. Nonostante gli eventi si siano evoluti con lo sgombero forzato, nel testo del racconto non prevale l’amarezza, non v’è traccia di rancore o vendetta. Emerge piuttosto l’entusiasmo per questa utile esperienza. Traspare la riconoscenza verso chi si è dimostrato vicino e collaborativo: come i Salesiani, la Coop del quartiere, la Confederazione italiana agricoltori e molti residenti della zona.

Le pagine sono accompagnate da foto che ci aiutano a ricordare e a rivivere la vicenda. Lo striscione che compare in copertina con la scritta “non si abita una graduatoria”, richiama l’inaccettabile sovrannumero dei cittadini iscritti nella lista municipale in attesa di un alloggio popolare, ben 1250 al momento dell’occupazione, con speranze ridotte al lumicino. E, di riflesso, l’inadeguatezza delle soluzioni d’emergenza (centri residenziali e alloggi) approntate dall’Amministrazione comunale. Molto significative le tre pagine in cui viene riportata integralmente la lettera che il 31 gennaio gli occupanti hanno scritto (dicono anche su sollecitazione di un funzionario Digos) a prefetto, sindaco, questore, Giunta e capi gruppo del Consiglio comunale, nell’intento di scongiurare il peggio, ovvero lo sgombero coatto. Lettera in cui si fa riferimento anche al progetto di “cohousing” – simile ad analoghe sperimentazioni di successo attuate in alcune città italiane ed europee – approntato dal movimento per trasformare l’estemporanea esperienza di coabitazione in uno stabile centro residenziale, sempre autogestito, ma inserito nell’ambito di un più vasto piano programmatico forte del sostegno istituzionale e finanziabile anche con fondi UE. Il libro racconta anche le giornate che hanno preceduto l’occupazione: le azioni condotte per contrastare alcuni casi di sfratto, i tentativi, fallimentari, di cercare un dialogo con le autorità comunali. Indubbiamente un’occasione persa da parte della Giunta municipale Mancinelli, che ha lasciato senza parole gran parte della cittadinanza.

(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

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