“Ancona e il mito della Settimana Rossa”, di Massimo Papini

FRESCHI DI STAMPA, L’ULTIMO SAGGIO EDITO DA AFFINITA’ ELETTIVE

 -di Enrico Mariani

 F&D cop libro Settimana Rossa DavAncona, 7 giugno 1914- Mentre per le vie del centro si celebra l’anniversario dello Statuto Albertino con parate solenni, a Villa Rossa, in via Torrioni, è convocato il comizio antimilitarista, per protestare contro la guerra e le “Compagnie di Disciplina nell’esercito”. Il capoluogo marchigiano è in questi anni ricchissimo di associazioni e circoli di carattere politico, in cui si condividono ideali rivoluzionari pur legati ad ideologie diverse: repubblicani, socialisti e anarchici animano un produttivo e vivace scambio di idee e intenti e trovano una provvisoria convergenza. Massimo Papini, direttore dell’Istituto Storia Marche, autore di questo saggio, paragona la popolarità e l’attrazione che Ancona suscita nell’area rivoluzionaria e sovversiva a quella che il quartiere parigino di Monmartre esercitava sugli artisti.
Quel 7 giugno del ’14, alla presenza di circa 600 persone, prendono la parola figure attivissime nel panorama politico anconetano: tra loro Oddo Marinelli, Sigilfredo Pelizza, Pietro Nenni ed Errico Malatesta. Dalla villa i manifestanti decidono di raggiungere piazza Roma, ma appena fuori vengono bloccati dalle forze dell’ordine; nel tumulto vengono esplosi alcuni colpi di pistola, cadono i repubblicani Antonio Casaccia (24 anni) e Nello Budini (di 17), l’anarchico Attilio Gianbrignoni (di 22). Piombo assassino che la folla attribuisce subito alla “sbirraglia”. E i tumulti si trasformano in una vera a propria insurrezione di popolo che, fino al seguente 14 giugno, si propaga nelle Marche e in altre regioni italiane come Romagna e Toscana.
Papini ci tiene ad una precisazione, nell’introduzione del volume: “Non è un libro sulla Settimana rossa, e cioè sulle calde giornate insurrezionali del giugno 1914”, poiché su questo è stato già scritto tanto e tanto si scriverà. E’ un libro sul mito di quelle giornate, su come esso abbia pervaso cento anni di vita politica in Italia”.
L’autore si interroga sui motivi del fallimento della rivolta, in cui ha un ruolo di primo piano anche Mussolini, già presente l’anno prima ad Ancona per l’Assemblea Nazionale del Partito Socialista. Inadeguatezza di capi non alla portata del compito, o irrimediabile divergenza di idee tra i sovversivi sulla rivoluzione proletaria? Una cosa è certa, l’episodio porta con sé un ricco bagaglio di idee e riflessioni su quella che avrebbe potuto essere la rivoluzione in Italia, raccolte con perizia da Papini negli archivi storici e in quelli dei giornali locali. La ricchezza delle citazioni contribuisce a calare il lettore nell’atmosfera di quei giorni di fermento, il cui mito, vi accorgerete leggendo il libro, ha ancora molto da dire.
Si passa da un’intervista di Gino Berri, inviato del Corriere della Sera, a Malatesta, il giorno prima della fuga del capo anarchico da Ancona, ad un articolo di Antonio Gramsci sull’ Ordine Nuovo, che mette in evidenza le contraddizioni di Mussolini proprio in relazione al suo comportamento durante la Settimana Rossa.
Un libro che affascina perché porta con sé, scrive Papini, “il simbolo di un’epoca leggendaria, quando alle prudenze della politica veniva anteposto il sano e generoso istinto popolare, pronto a esprimere l’ansia di protagonismo, senza alcuna prudenza istituzionale o politica”.

 (tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

 

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