18 Giugno celebriamo la Giornata della gastronomia sostenibile

di Dott.ssa LAURA FRANCESCHI (Scienze e Tecnologie dell’ambiente e del territorio Università Bicocca di Milano)

unknownSe è vero ciò che diceva Feuerbach, ovvero che “siamo ciò che mangiamo”, avremmo di che essere contenti perché questo significherebbe che abbiamo un ampio margine per diventare persone migliori. Per quanto ciascuno di noi ritenga eccellente il proprio regime alimentare, esistono moltissime cose che ancora ignoriamo e, proprio per redimerci dalle nostre mancanze, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha instituito la “Giornata della gastronomia sostenibile” che si celebra oggi.

Gastronomia è una parola dall’etimologia greca ed è composta di gaster- ossia ventre e -nomia, da nomos, legge; per cui, con essa, si indica il complesso delle regole e delle usanze relative alla preparazione dei cibi. Per estensione, oggi, con il medesimo sostantivo, intendiamo l’arte del cibo, spesso con riferimento al cibo tradizionale e alla cucina locale.

Mangiare un piatto di pasta o una pizza non soddisfa solo il bisogno di nutrirsi e di integrare le energie, ma diviene una vera e propria espressione culturale. Questo discorso è valido per tutti i paesi del mondo ma, con un po’ di campanilismo, possiamo affermare che calza ancor di più se fatto per l’Italia dove il termine “gastronomia” finisce per fondersi con le naturali diversità che caratterizzano nostro il territorio.

Nel 2016 le Nazioni Unite hanno deciso di unire i ricettari di tutte le nonne del mondo al concetto di sostenibilità generando una crasi tra bontà e eticità. La giornata della gastronomia sostenibile nasce per promuovere una cucina che tiene conto della provenienza degli ingredienti, di come viene coltivata la materia prima e di come arriva ai nostri mercati e, solo infine, ai nostri piatti.

Lo scopo è quello di utilizzare l’educazione alimentare al fine di favorire il raggiungimento di alcuni degli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030. In particolare, quelli che possono essere conquistati anche grazie alla trasformazione dei sistemi agroalimentari sono:

Porre fine alla fame, raggiungendo la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione attraverso l’agricoltura sostenibile” (Obiettivo 2). Nonostante nel mondo venga prodotto più cibo di quanto serva per sfamare l’intera popolazione mondiale, un individuo su nove è denutrito e le percentuali sono ben più alte se ci si riferisce esclusivamente ai paesi in via di sviluppo. La gastronomia sostenibile porta con sé un’enorme sensibilizzazione dell’opinione pubblica e richiede l’integrazione nella filiera agroalimentare di meccanismi di governance responsabili ed efficaci. Sono proprio questi ultimi a poter contribuire a raggiungimento dell’obiettivo “Zero hunger”. 

Garantire una vita sana e promuovere il benessere per tutti a tutte le età” (Obiettivo 3). La salute umana, e perché no quella ambientale, parte anche da ciò che scegliamo di portare a tavola. Dal 1963 esiste il “Codex Alimentarius” voluto dalla FAO e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che stabilisce le linee guida poste a garanzia della sicurezza del cibo. Applicare il concetto di sostenibilità alla gastronomia significa intraprendere un’azione diretta per conservare, proteggere e migliorare le risorse naturali. Tutto ciò, inquadrato in una visione olistica del mondo, permette di tenere fede a questo obiettivo.

Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili” (Obiettivo 12). Nel mondo, circa un terzo del cibo prodotto viene sprecato e questo dato stride col pensiero che 690 milioni di persone soffrono la fame. Eppure un modo per nutrire il mondo in modo sostenibile ci sarebbe ed è quello di fare in modo che i produttori coltivino il cibo riducendo al minimo le esternalità ambientali negative, limitando al minimo lo spreco di risorse come acqua e suolo. Tutto ciò sarebbe ancora più efficace se i consumatori passassero a diete più nutrienti, più sicure, più etiche e con un minor impatto ambientale.

La filiera produttiva del cioccolato, insieme a quella delle conserve di pomodoro, è una tra le più emblematiche del caso. In particolare, la produzione del cacao, che nell’immaginario italiano degli anni 80 era “meravigliao” ma che è sempre rimasto assai “amaro” nelle zone di coltivazione, generalmente è legata a questioni poco gradevoli tra le quali ricordiamo principalmente la deforestazione e lo sfruttamento del lavoro minorile, entrambe soluzioni che permettono di abbattere i costi di produzione ma che non fanno bene né alla società né tanto meno all’ambiente

Fair trade stima che il 90% del cacao provenga da piccole piantagioni che occupano 6 milioni di contadini organizzati in piccole aziende a conduzione familiare. Questi piccoli produttori rappresentano il fulcro dell’intera filiera del settore agroalimentare e spesso la loro stessa sicurezza economica dipende esclusivamente dalla compravendita delle fave di cacao. Tuttavia, secondo quanto affermato dall’Organizzazione non governativa “Mani tese”, il guadagno dei coltivatori di cacao non supera il 6-8% del valore aggiunto calcolato sulla vendita del prodotto finale. Tutto il resto del guadagno viene spartito fra le industrie che dominano la trasformazione e la commercializzazione del prodotto.

L’unico modo per imporre un cambiamento al sistema è iniziare a promuovere la cultura della gastronomia sostenibile e si può partire proprio dal rendere consapevole il consumatore del potere che possiede al momento dell’acquisto. Proprio con questa idea nasce in Francia, dagli imprenditori Nicolas Chabanne e Laurent Pasquier, il marchio “C’est qui le patron?”.

La medesima iniziativa è arrivata anche in Italia nel giugno 2020 con il nome “Chi è il padrone?! – la marca del consumatore”. La home del loro sito recita: “Insieme creiamo la nostra marca dei prodotti. Una marca che possa dare un senso ai nostri consumi. Una marca che propone unicamente dei prodotti buoni, sani e responsabili.” L’obiettivo è quello di rendere il consumatore protagonista. Infatti, tramite quesiti online è il consumatore stesso a scegliere quali sono le caratteristiche dei prodotti da immettere sul mercato. Inoltre, viene anche proposta una riflessione su quale sia il prezzo corretto, da applicare a ciascun bene affinché tutti i processi, che concorrono alla trasformazione della materia prima in prodotto finale, siano correttamente remunerati.

Partecipare alle fatiche della tavola è già di per sé un buon modo per festeggiare la Giornata della gastronomia sostenibile, ma farlo con consapevolezza e scegliendo bene ciò che si mette nel piatto è meglio e può persino fare la differenza per il nostro Pianeta. 

 

 

 

 

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