“Sport e Diritti”: 14^ puntata. Due ragazzi, la moto e un tragico destino: Kato e il SIC.

Se dici Coriano, pensi subito a lui. Se scrivi SIC, pensi a quell’abbreviazione sul televisore che faceva entusiasmare i suoi tifosi ad ogni sorpasso, ad ogni posizione scalata. Pensi a quei ricci da cantautore anni ’70, pensi a quel sorriso sempre stampato sul suo viso, spontaneo, contagioso, di un ragazzo che ama la vita e la vive a tutto gas.

Se dici Saitama, Giappone, non ti viene in mente nulla. Se aggiungi moto, al massimo pensi alle tante moto giapponesi che monopolizzano il mercato. Poi basta una foto con due grandi occhioni a mandorla in un viso da bambino, e ti affiorano i ricordi, e grandi lacrime mute stridono sull’asfalto del cuore come una folle staccata a tutta manetta.

Team Gresini, Honda: un unico tragico destino che aspetta Marco Simoncelli e Daijiro Kato. Due grandi promesse del motociclismo mondiale, due giovani con una guida spettacolare, folle. Due ragazzi che Valentino Rossi apprezza, stima, con cui in pista son battaglie a colpi di sorpassi ma con cui fuori è allegria e goliardia.

Kato iniziò a gareggiare con le minimoto fin da bambino, diventando per 4 volte Campione Nazionale della categoria. Iniziò le gare su pista nel 1992 e nel ’97 vinse il campionato nazionale di velocità giapponese delle 250 cc. L’esordio nel motomondiale nel 1996, come wild card della classe 250 nel gram premio di casa, a Suzuka. Ottiene un impensabile, straordinario 3 posto. Questo non gli vale ancora un ingaggio nel motomondiale. L’anno successivo corse nuovamente nel gran premio di casa come wild card vincendo la gara. Kato esordì da pilota del motomondiale, in 250, nel 2000, in sella ad una Honda. Vinse 4 gare e si piazzò al 3º posto in campionato. Ha la stoffa del campione, Valentino Rossi lo inquadra subito come un grande pilota.

Anche Marco Simoncelli da Cattolica, ma cresciuto a Coriano, la sua Coriano, comincia a correre da bambino con le minimoto, come tanti bimbetti romagnoli, e subito si distingue tra gli altri. Poi la Honda, trofei minori, campionato italiano 125 e poi campionato europeo nel 2002. Debutta nel motomondiale sempre nel 2002, in sella ad una Honda. La prima vittoria a Jerez nel 2004, tante cadute, uno stile di guida generoso, folle, divertente, spettacolare, che a volte rappresentano il suo limite. Passa in 250 nel 2006, senza aver mai conquistato il Mondiale 125, stavolta in sella ad una Gilera. Il suo capotecnico, la sua chioccia, è Rossano Brazzi, già tecnico di campioni come Valentino Rossi e Marco Melandri. Marco resta senza una guida, e un po’ si perde ancora una volta. L’anno successivo passa al team Metis Gilera non ufficiale, e i risultati non sono straordinari. Nel 2008, ancora in sella ad una Gilera non ufficiale, la prima vittoria in 250: Mugello, poi ancora una vittoria in Catalogna, poi Motegi, Phillip Island e alla fine si laurea campione del mondo. L’anno successivo, dopo una lunga lotta con Aoyama e Barbera, Simoncelli all’ultima gara viene scavalcato in classifica finale del mondiale giungendo terzo. Ma ormai ha fatto breccia nel cuore della gente, il SIC, per quella sua grande capacità di prendere tutto con leggerezza, senza polemiche e sconfiggendo sempre le pressioni con un sorriso.

Daijiro Kato, nella stagione 2001, passa in Sella alla Honda del Team Gresini racing, e domina il campionato 250, vincendo 11 gare e laureandosi campione del mondo. Il giapponesino terribile, simpatico e fuori dagli schemi, viene soprannominato dai suoi meccanici italiani “Dagli un giro Kato“, giocando simpaticamente sul suo nome (Daijiro) e sulla sua straordinaria velocità.
Nel 2002 Kato passa alla moto Gp, con una vecchia Honda NSR 500 a due tempi, ma le brillanti prestazioni fornite indussero la casa giapponese ad affidargli dalla gara di Brno la nuova RC211V a 4 tempi: finisce settimo in classifica mondiale, ottenendo una pole e due secondi posti, conquistando il titolo simbolico di “esordiente dell’anno”.

Nel 2010 il passaggio di Marco Simoncelli alla MotoGP con la Honda del Team San Carlo Honda di Gresini, con Marco Melandri compagno di squadra. Miglior risultato un 4 posto in Portogallo, in classifica finale è ottavo.
Nel 2011 le premesse sono ottime, il team si è rinforzato e la casa madre Honda lo fornisce con la stessa componentistica del team ufficiale HRC. Il compagno di squadra è l’ex rivale Hiroshi Aoyama. Dopo due ottimi quinti posti nelle gare inaugurali, SIC ottiene due pole position in Catalogna e in Olanda, purtroppo non confermati da grandi risultati in gara. Poi il primo podio a Brno, un quarto posto a Misano dopo una gara spettacolare, il secondo posto in Australia.

Nel 2003 Kato, sempre legato al team Gresini, si vide confermare la moto ufficiale e stavolte tutti scommettono su di lui. Gara inaugurale, Suzuka, 6 aprile 2003. La sua Suzuka che lo aveva fatto conoscere al mondo interno. A volte il destino si diverte proprio con i suoi figli migliori. Dopo 3 giri Kato perde il controllo della moto e picchia violentemente sul muro senza senso posto a poche decine di metri dalla chicane. 150 km orari, neanche tanti, ma un terribile muro lo aspetta. Due settimane di coma, nessun miglioramento, Daijiro muore lasciando una giovane moglie e due piccolini, e tanto tanto dolore muto in tutta la MotoGp, nei tifosi giapponesi e italiani che lo avevano fin da subito un po’ adottato per quella sua simpatia un po’ guascona e quel suo modo di guidare che fa battere forte il cuore. Dopo l’incidente, la MotoGP non è più tornata a correre sul circuito giapponese.

23 ottobre 2011: Gran Premio della Malesia, Sepang. Secondo giro, gomme che strisciano sull’asfalto, rombo di motori, pubblico in delirio, SIC perde il controllo della sua moto. Cerca di riprenderla, di restare in sella, un capitano non abbandona mai la sua nave e i tantissimi cavalli che la fanno correre. Il tragico destino di un pilota è scritto nel vento e spesso ha il rumore di un motore. In quell’attimo di lotta col suo destriero, arrivano Colin Edwards e Valentino Rossi. Sic ha perso l’anteriore e, per uno scherzo infame del destino, o forse dell’elettronica che regola la moto, anziché scivolare lungo verso le vie di fuga, la moto come impazzita è stata rimbalzata a destra, dove, appunto, stavano impostando la curva Valentino Rossi e Colin Edwards. Impatto terribile. Bandiera rossa, gara fermata. La situazione è apparsa immediatamente in tutta la sua terribile gravità. I soccorsi sono stati immediati, ma Simoncelli era già in arresto cardiaco quando è arrivato al centro medico del circuito. Sul suo collo ci sono evidenti segni del passaggio delle ruote. La speranza si fa flebile, l’attesa interminabile, il volto della sua giovane fidanzata dai box è subito una maschera di paura e lacrime. E poi c’è il dramma degli altri piloti: Valentino, suo grande amico, involontario artefice assieme a Edwards di questa tragica fatalità. e tutti gli altri, che a volte in passato hanno anche alimentato inutili polemiche col SIC per il suo stile di guida a volte irruento, e che oggi forse rimpiangeranno troppo parole al vento. L’attesa, purtroppo, dura pochissimo. Come la vita e la carriera di questo ragazzo straordinario, pazzo come ogni motociclista deve essere, ma in grado col suo sorriso sempre sincero e gioioso di portare tanta, vera umanità in un mondo dello sport dove ormai gli interessi economici hanno soffocato la capacità di far sognare.
Sono le 10,56 in Italia quando il cuore di Marco smette di battere. Il suo ricordo, invece, non smetterà mai di far battere il nostro cuore.

TOMMASO ROSSI

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