“Sport e diritti”- La partita della vita:Italia-Germania 4-3

Nei giorni dell’Europeo,  nella trepidante attesa che gli azzuri scendano in campo nella scalata verso la finale, la memoria di ogni italiano corre a quel magico, irripetibile 17 giugno del lontano 1970.
Stadio Azteca, Città del Messico. La voce di Nando Martellini dai microfoni RAI.
Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, Mazzola, Boninsegna, De Sisti, Riva. Il grande Rivera, che Gianni Brera chiamava “l’abatino”, in panchina insieme all’allenatore Valcareggi, in attesa della celebre “staffetta” con Mazzola.
Dall’altra parte tanti campioni, ma soprattutto Schnellinger, il bomber Gerd Muller e un eroico Franz Beckenbauer, che terminò la partita con un braccio al collo per la lussazione della spalla.

Immagini di un tempo lontano, di un calcio dove il coraggio, la classe e a volte anche l’improvvisazione contavano più di muscoli e tattica, e i tifosi riuscivano ancora a pensare che tutto quello che vedevano era reale e genuino.

Se pensi ad una partita, alla Partita con la P maiuscola, se cresci con il calcio nel sangue non puoi non visualizzare come prima immagine quella partita.

Italia-Germania 4-3.

Mondiali del Messico 1970, un girone eliminatorio difficile per gli azzuri, al limite dell’imbarazzante. Le critiche in patria iniziavano a soffiare più di una brezzolina fastidiosa, montate da una sapiente penna di burrasca come quella di Gianni Brera.

Nei quarti di finali gli azzuri sfoderarono una ottima prestazione contro i padroni di casa del Messico: 4-1 e semifinale raggiunta.

La staffetta tra Sandro Mazzola, interista ed esperto, e Gianni Rivera, milanista, giovane e tutta classe, cominciava a diventare ingombrante e periocolosa. Ma il CT Ferruccio Valcareggi aveva le spalle larghe e si lasciava scivolare addosso le critiche.

Di fronte, quell’indimenticabile 17 giugno, c’era la Germania Ovest: fortissima, girone eliminatorio stravinto, quarti di finale vinti in rimonta contro i campioni in carica dell’Inghilterra.

Nell’undici titolare azzurro, ancora una volta Gianni Rivera siede in panchina.

Fischio d’inizio dell’arbitro. Dopo soli 8 minuti Roberto Boninsegna, “Bonimba” come lo chiamava Brera, portò in vantaggio l’Italia, dopo una splendida combinazione con Gigi Riva. Poi la reazine dei panzer tedeschi, Italia arroccata in difesa con un “catenaccione” anni ’70 quasi mitico. Enrico “Ricky” Albertosi, il portierone azzuro, resiste al fuoco di fila dei teutonici.

Nel frattempo, all’inizio del secondo tempo, era entrato in campo Gianni Rivera, con quell’aria un po’ così e il suo passo lento, al posto di Mazzola.

Ma al ’92, in pieno recupero, il milanista Karl-Heinz Schnellinger segna il suo prima e unico gol in 47 partite con la sua nazionale, e porta la sfida ai tempi supplementari.

In quel momento fece precipitare un’intera nazione nell’incubo, oggi possiamo dire che fu proprio lui a regalarci un sogno.

Iniziarono i supplementari. Al ’94 Gerd Muller porta in vantaggio la Germania Ovest dopo un errore della difesa azzura, ma poco dopo l’Italia raggiunse il 2-2 con il roccioso difensore Tarcisio Burgnich. A un minuto dalla fine del primo tempo supplementare uno straordinario contropiede di Gigi Riva portò gli azzurri in vantaggio. 3-2. Tutta l’Italia è in piedi e trattiene il fiato in vista degli ultimi quindici tiratissimi minuti.

Al quinto minuto del secondo tempo supplementare, su calcio d’angolo, ancora Gerd Muller di testa trova uno spiraglio impensabile tra Rivera piazzato sulla linea di porta e Ricky Albertosi, che si mangò con gli occhi e qualche parola “l’abatino”.

3-3, palla ancora al centro. L’Italia si muove in maniera corale, 11 passaggi consecutivi dopo la rimessa in gioco della palla senza che i tedeschi, stremati, riescano ad intervenire. Gianni Rivera, avanza con la palla al piede, tira un piatto piazzato su cui Maier non può nulla. 4-3. L’Italia è in finale della Coppa Rimet, la pazza notte di festeggiamenti ebbe inizio, quella partita valeva di più della conquista di un mondiale. Fu il coronamento di un sogno di una nazione, l’Italia che riusciva a non chinare il capo ed arrendersi ai forti tedeschi. La lotta, la reazione, il coraggio, la squadra avevano reso gli italiani, e non solo l’Italia in campo, più forte degli avversari. Ce la potevamo finalmente fare. In finale, purtroppo, l’Italia ormai svuotata capitolò al Brasile, 4-1. Ma l’impresa era ormai scolpita nella storia, per la gloria e la vittoria ripassare dodici anni dopo in Spagna. Bearzot, Rossi, Zoff e Tardelli con la sua mitica corsa. Ma quella è un’altra storia.

Il 17 giugno 1970 allo Stadio Azteca di Città del Messico era stata scritta una pagina della leggenda del Calcio, quello giocato nell’Olimpo delle emozioni, così lontano dalle miserabili vicende tra il rosa e il giallo di oggi, dove l’unico comune denominatore sempre purtroppo essere il verde.

Non il verde del prato battuto con orgoglio da undici campioni, come in quello straordinario 17 giugno 1970, ma del denaro.

E a noi, appassionati tifosi e orgogliosi italiani, non ci resta che il ricordo.

TOMMASO ROSSI


Telecronaca originale di Nando Martellini (CLICCA SUL LINK SOTTO):

http://youtu.be/kl9my2gqDCY

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