Incendio in un pollaio in Cina

UnknownCHANGCHUN, 3 Giugno ’13 – 119 morti e almeno 54 feriti. É questo il bilancio dell’incendio che alle 6:06 antimeridiane di oggi è divampato presso lo stabilimento della Jilin Baoyuanfeng Poultry Company, un’azienda cinese dedita alla lavorazione del pollame.

Situtata nella parte nordorientale della Cina, nella provincia di Jilin, il capannone ha preso fuoco nel momento esatto del cambio turno. Proprio per questa ragione erano molte le persone che in quel momento, erano presenti all’interno.

Trecento per la precisione, di cui cento sono riuscite a scappare anche se, come precisa uno dei sopravvissuti, <<i cancelli erano chiusi a chiave>>.

Wang Fengya, un’operaia di quarantaquattro anni che nella fuga è caduta ma non ha riportato ferite di grave entità racconta l’episodio in questo modo: <<Avevo da poco iniziato il turno delle 6, quando improvvisamente ho sentito qualcuno urlare che dovevamo andarcene tutti fuori. Sono corsa verso l’uscita che si trova a 40 metri dalla mia postazione di lavoro, e quando mi sono voltata ho visto delle fiamme altissime divampare dal capannone>>.

Le cause dell’incendio sono ancora da stabilire, e le autorità si stanno muovendo in tal senso in modo da comprendere la causa di un simile avvenimento. Certo è che il numero delle vittime poteva essere notevolmente minore se solo lo stabilimento avesse avuto una struttura meno labirintica e articolata, i cancelli non fossero sbarrati e le uscite non così strette.

La Jilin Baoyuanfeng Poultry Company conta circa 1200 operai e produce 67.000 tonnellate di prodotti derivati da pollame all’anno.

A fronte di questi dati è bene aggiungerne un altro: lo stipendio di un operaio che lavora a tempo pieno è di 2.000 yuan, l’equivalente di 326 € al mese.

Se è troppo scontato gridare alle evidentissime violazioni dei diritti dell’uomo, si dovrà perlomeno riconoscere che le condizioni lavorative e retributive che regolano l’impiego di questi 1200 operai, e di tanti altri nel mondo, sono discutibili al limite dell’inammissibile.

 

CORINNA LENNELLI

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