“Ti riconosco dalla voce”, un libro in FM

SCRITTO DA SEBASTIANO MANTOVANI  

 ANCONA – di Giampaolo Milzi – Un viaggio nel viaggio, lungo una modulazione di frequenza che non è solo quella delle ormai mitiche radio libere, ma è anche la poli-modulazione della frequenza passionale ed esplorativo-esistenziale di gran parte di una generazione. Quella che all’inizio degli anni ’80 si trovò per sua gran parte in bilico – in un periodo che anticipava grandi cambiamenti culturali, sociali ed economici – tra istintive certezze e sofferte revisioni mirate ad approdi valoriali stabili. Un libro con più chiavi di lettura, “Ti riconosco dalla voce”, fresco di stampa per la Italic/Pequod. Dove la voce narrativa che tiene il filo degli eventi e delle narrazioni è quella di Sebastiano Mantovani, anconetano, 53 anni, funzionario Telecom, instancabile coltivatore di variegati hobby, tra questi la scrittura. Che in questo lavoro è permeata da un uso profondo, ricco, paradossale, ironico del vocabolario, da uno stile nervoso e intrigante che esalta i dialoghi abbondando in intriganti perifrasi e paradossi. Pagine romanzate ma molto autobiografiche, evocative di vita vissuta in quella che oggi può apparire un’altra era geologica – tanti sono stati i mutamenti che hanno portato a questo mondo sempre più globalizzato e cibernetico – e che, tuttavia, sono legate da un filo rosso nemmeno tanto sottile, che è quello dell’amore. Inteso come capacità di continuare, nonostante tutto, ad interrogarsi, a rimettersi in discussione alla possibile conquista di una dimensione di accettazione non pregiudiziale e solidale dell’altro, per contribuire a costruire, mixando la dimensione intima personale a quella collettiva, un mondo migliore ancora possibile.

Tra il 1980 e il 1983, l’onda lunga della fantasia al potere e del Movimento non si è ancora esaurita, ma è già da molto più di un lustro oscurata dal terrorismo e illuminata dalle luci dalle pailettes delle discoteche. Quell’onda inizia a fare i conti col riflusso dell’impegno politico, l’edonismo reganiano, il culto del denaro e del piacere-benessere estetizzante, la consolidata fuga illusoria nei paradisi artificiali delle droghe pesanti o nel privato, alla vigilia dell’avvento di paninari, yuppies e stile “Milano da bere”. In quel trienno vivacissimo per accadimenti storici presenti fra le pagine – il pop presidente Sandro Pertini alla guida della Repubblica, il papa Wojtila venuto dall’Est e che contribuirà non poco a minare il muro di Berlino, la contestazione dei 100mila contro i missili Usa a Comiso in un clima di persistente guerra fredda con l’Urss… – un gruppo di amici ventenni si spendono con estremo entusiasmo quali artefici delle magnifiche avventure legate ad una delle tante emittenti radiofoniche che ad Ancona, come in tutta Italia, sono la innovativa colonna sonora di un presente che appare magico. Un microfono, una pionieristica consolle di tastiera da manovrare come contorsionisti, una macchina da scrivere, un telefono ultrafisso, una fotocopiatrice, un ciclostile, un ingombrante registratore a cassette portatile, centinaia di dischi in vinile, un’auto sgangherata, sono gli strumenti (quando cellulare, cd e dvd, computer, tablet e social media erano fantascienza) semplici ma efficacissimi per diventare dj-giornalisti ed esplorare e testimoniare in modo combattivo ed euforico oltre orizzonti fino ad allora considerati extraterrestri. Il sogno di quei ragazzi, all’improvviso, diventa realtà. Con le sue gioiose esaltazioni e sensazioni di potenza, scandite da gaffe e performance formidabili e a volte sputtananti, da un professionismo che trova proprio nel dilettantismo la sua forza, alimentate da un entusiasmo che tutto supera. Il protagonista mette a segno rocambolesche interviste: Panatta, Bettino Craxi, Guccini, Venditti, Gaber. La vita balla e la felicità per lui – elevato a simbolo del “cucador di belle sfittizie” di lì a poco a venire – sembra a portata di mano. Ma, all’improvviso, è “vittima” di un incantesimo che si affaccia come un incubo. L’incontro con una presenza femminile che gli appare come straordinaria, rimette tutto, inconciliabilmente, in discussione. E inizia un altro viaggio, molto sofferto. “Ecco che, via via, inizi a scoprire l’altro che non sai di essere. – ha sottolineato Mantovani nel corso della presentazione del suo romanzo avvenuta il 19 novembre al Bistro’ di Ancona – Domande, riflessioni, abissali tuffi nella coscienza e ariose riemersioni, alimentati da un amore impossibile per quella lei, ti conducono verso un nuovo approdo, una felicità più matura e consapevole”. L’amore impossibile per la donna, in fondo e “per fortuna ti ha fregato”. Perché si tramuta in allegoria dell’amore per l’umanità, vicina e lontana, del sorriso e dell’aiuto per chi soffre, della tolleranza per la diversità che arricchisce. E’ forse questo, il segreto della vita e della vera felicità. A portata di mano per chi vuol continuare a combattere in modo diverso, schivare lo scontato, il già dato della routine, per alimentare pace, quiete e serenità per sé e per il prossimo.

(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

 

 

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