Strage di migranti sulle coste di Lampedusa

 ENNESIMA STRAGE CHE RIAPRE IL DIBATTITO SULL’IMMIGRAZIONE. ANALISI DEI PROFILI GIURIDICI

di Alessia Rondelli (praticante avvocato Studio Legale Associato Rossi – Papa- Copparoni di Ancona)

 

images-LAMPEDUSA, 6 OTTOBRE 2013- Ennesimo carico di vite umane che, disperate, partono dai loro paesi d’origine con la speranza di un futuro migliore e che invece trovano la morte in mare. Non sembra trovare fine il conteggio delle vittime dell’incidente avvenuto a largo delle coste siciliane causato dall’incendio di un barcone con a bordo più di 500 persone provenienti dalla Somalia e dall’Eritrea, poi rovesciatosi in mare. La tragedia riapre il perdurante dibattito politico-sociale sullo scottante tema dell’immigrazione nel nostro paese, in particolar modo perché arriva ad un solo giorno di distanza dalla grave condanna del Consiglio d’Europa sulle politiche immigratorie attuate dall’Italia. La critica riguarda nello specifico le misure prese dall’Italia negli ultimi anni per gestire i flussi migratori definite ‘controproducenti e sbagliate’.
In particolare i ritorni forzati di immigrati nel loro paese di origine, come la Libia, dove rischiano la tortura e la vita, la gestione dei Centri di permanenza temporanea e soprattutto il continuo ricorrere allo stato di emergenza per adottare misure straordinarie. Dall’altro lato però il Governo italiano rilancia, chiedendo all’Europa di non lasciarla sola ad affrontare un dramma che non è di certo solo nazionale.
La scelta politica italiana adottata per contrastare il fenomeno immigrazione è sfociata nell’approvazione del d.lgs. 286/1998, che ha previsto norme precise in merito alle condizioni di ingresso e permanenza degli stranieri sul nostro territorio in un’ottica di inasprimento delle sanzioni in caso di violazioni. In primis è stato introdotto il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina all’art. 12 che punisce chiunque promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato o comunque compie atti diretti a procurarne l’ingresso in modo illegale nello Stato o di altro Stato di cui la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente. La pena prevista è la reclusione da 1 a 5 anni e la multa di 15.000 euro per ogni persona di cui si è favorito l’ingresso illegale. Ci sono anche ipotesi aggravate (reclusione da 5 a 15 anni) tra le quali l’aver sottoposto la persona trasportata a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità al fine di procurarne l’ingresso o la permanenza illegale oppure l’aver sottoposto la persona a trattamento inumano o degradante o l’aver compiuto i fatti in 3 o più persone o nei confronti di 5 o più persone. Sono state poi introdotte due tipologie di espulsione, amministrativa e giudiziaria, per estendere le competenze in materia e ottenere un controllo più stringente delle frontiere, scopo perseguito anche con il metodo del decreto-flussi che permette, a periodi, l’ingresso di 30.000 soggetti non comunitari per lavoro subordinato stagionale.
“L’Italia deve elaborare una politica coerente per localizzare, identificare, informare e registrare i migranti in situazione irregolare, i richiedenti asilo e i rifugiati che arrivano sulle sue coste, e rimpatriare gli individui che non hanno bisogno di protezione internazionale”: altro preoccupato monito dell’Europa, che denuncia le difficoltà incontrate dai richiedenti asilo in Italia, divisi tra diritto e realtà. Il diritto d’asilo è una forma di protezione che spetta alla persona perseguitata nel suo paese d’origine, cd ‘rifugiato’, status riconosciuto a chi ha fondato timore di subire violenze o persecuzioni in patria. La procedura per veder riconosciuto lo status in questione in Italia è piuttosto complessa e lenta, non riuscendo assolutamente a far fronte all’ingente mole di domande, con forti rischi umanitari e conseguenti critiche piuttosto severe sulla scena internazionale.

 

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