Storia del sito della scoperta

L’UNICA OPERA SUPERSTITE

– ANCONA – di Giampaolo Milzi –

 Foto del portale (tratta dal libro “C’era una volta…  Ancona - Cartoline e foto d’epoca” di Aldo Forlani) nel 1973, due anni prima dell’abbattimento del complesso carcerario.
Foto del portale (tratta dal libro “C’era una volta… Ancona – Cartoline e foto d’epoca” di Aldo Forlani) nel 1973, due anni prima dell’abbattimento del complesso carcerario.

Di una chiesa ad Ancona con annesso convento intitolata a San Bartolomeo Apostolo, affacciata sullo slargo dove oggi via Pio II sbocca in via Birarelli, è nota l’esistenza sin da prima del 1262, anno in cui fu consegnata a una famiglia monastica femminile. All’epoca, sorgeva ancora più a ridosso della rupe del colle Guasco che si tuffa in mare. Troppo a ridosso. A nulla valsero le preghiere per salvarla dai fenomeni erosivi. Fu una frana, agli inizi del XVI secolo, a risucchiare tra le onde del sottostante Adriatico quella struttura medievale di culto e ritiro spirituale. Nel 1520 convento e chiesa furono ricostruiti un po’ più distanti dal costone roccioso, per renderli più sicuri. Dopo alcuni rimaneggiamenti nel ‘600, il convento (che occupava parte dell’area che oggi ospita le vestigia dell’anfiteatro romano) perde il piano terreno, che diviene seminterrato. Attorno al 1760 viene effettuato, sotto la regia dell’architetto Ciarrafoni, un incisivo rinnovamento di tutto il complesso religioso, sia interno che esterno. Ma il periodo di nuova gloria per San Bartolomeo dura pochi decenni.

Nel 1797, a seguito dei moti rivoluzionari contestuali all’occupazione napoleonica, le monache vengono scacciate.

E vanno dispersi, ma sarebbe meglio dire persi o trafugati, la ricca biblioteca e l’archivio di cui erano state depositarie e curatrici.

Nel 1799 la chiesa viene adibita a fabbrica di polvere da sparo. Nel 1818, con la città tornata definitivamente parte dello Stato pontificio, la chiesa di San Bartolomeo viene riaperta al culto, officiata dai Minori conventuali. Dopo un trentennio, il cambio di nome: nel 1847 convento e chiesa vengono assegnati alle Monache Benedettine Armene, da qui la mutazione del titolo in quello del loro santo protettore Gregorio l’Illuminatore.

Ma la parte conventuale, già nel 1835, aveva assunto una funzione laica, in particolare carceraria: prima è sede del Tribunale Civile e Penale e del Bagno penale; poi, nel 1860, ospita anche la sezione degli ergastolani (trasferitasi dalla Darsena) e quella dei “Discoli”, cioè per i minorenni prigionieri, e in quell’anno le suore abbandonano definitivamente anche la chiesa di loro proprietà.

 

Foto di via Birarelli scattata prima della seconda guerra mondiale (tratta dal libro “Ancona - viaggio per immagini” di Alfonso Napolitano), dove si vede sulla destra il portale.
Foto di via Birarelli scattata prima della seconda guerra mondiale (tratta dal libro “Ancona – viaggio per immagini” di Alfonso Napolitano), dove si vede sulla destra il portale.

La chiesa il 15 ottobre del 1898 viene acquistata dal sacerdote Giuseppe Birarelli e passa al Conservatorio Femminile Giovagnoni-Birarelli, per l’assistenza alla minorenni orfane. Fino al terremoto del 1972 il complesso edilizio che aveva nei secoli inglobato il convento di San Bartolomeo – già con la chiesa duramente martoriato dai bombardamenti aerei di fine 1943 – è adibito a penitenziario, popolarmente denominato, col suo rifugio bellico antiaereo, di “Santa Palazia”. Il sisma gli dà il colpo di grazia. Tanto che nel 1975 si decide di demolirlo completamente.

(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

 

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