‘Puoi chiamarmi Luca’, romanzo di scottante attualità

IL SECONDO DELL’ANCONETANA MAZZOCCHI

- di Giampaolo Milzi -

Con questo suo secondo romanzo la scrittrice anconetana Luisa Mazzocchi spalanca “Ancona Porta d’Oriente” agli stringenti richiami – per lo più cronicamente ignorati e/o sottovalutati dalle istituzioni e dall’opinione pubblica – che continuano ad arrivare dalle gravissime problematiche della situazione carceraria e dell’immigrazione in Italia. “Puoi chiamarmi Luca”, edito da Italic-Pequod, è un noir sui generis e meritevole di grande attenzione proprio per la sua originalità nel saper coniugare temi d’attualità scottanti e drammatici – l’avvilente e mortficante situazione penitenziaria in cui convivono brutalmente detenuti e agenti di polizia penitenziaria, lo sporco traffico di esseri umani – con esistenzialismi sofferti e dinamici, trame narrative intriganti e movimentate, affascinanti e precise descrizioni di ambientazioni (queste ultime rilevantissime nel romanzo d’esordio “Doric Hotel”) che vanno dal porto del capoluogo marchigiano (i cantieri navali, l’Arco di Traiano) a quello greco di Patrasso, da Loreto (la Basilica e un’ immaginaria casa circondariale), a Macerata (l’Università). Il tutto con uno stile a colori, assai lontano dal bianco e nero di quello accademico, ricco di azione e analisi introspettive di personaggi, in cui vengono efficacemente alternate ricostruzioni, dialoghi, spunti emozionali.

Tutto ruota attorno alla storia di Guiomar De Marco Silva, un camionista portoghese che, accusato di favoreggiamento, finisce in galera in seguito al ritrovamento sul suo tir di tre bambini afghani e del cadavere di un giornalista greco freddato con un colpo di pistola alla nuca. E alla vicenda del protagonista, il giovane agente di polizia penitenziaria Luca De Feudis, che con l’aiuto dell’affascinante avvocatessa Paola Petrolati si trasforma in agente investigativo per dimostrare l’innocenza di Guiomar. Dalle indagini della coppia, la cui amicizia alla fine si trasformerà in amore, esce un quadro ricostruttivo dell’odissea detentivo-giudiziaria di Guiomar (il quale sembrerà poi avviarsi ad essere pienamente scagionato nel processo d’appello) che ricorda davvero molto certe cronache dei quotidiani. I tre bambini afghani, come accade troppo spesso nella realtà, rappresentano la punta dell’iceberg di stranieri “fantasma” che tentano disperatamente, ricorrendo a tutti mezzi, di emigrare in Italia lungo la rotta Patrasso-Ancona. Si scopre che Il giornalista che li aveva aiutati ad espatriare è stato ucciso su ordine della mafia rumena. La stessa che gestisce – anche grazie a criminali imprigionati nel medesimo immaginario carcere di Loreto – il traffico di immigrati irregolari da Patrasso. La stessa che prenderà di mira con una escalation di minacce e intimidazioni Luca De Feudis e l’avvocatessa Paola, rei di aver coraggiosamente, rischiando la loro vita, ficcato il naso dove non dovevano per questioni umanitarie e di giustizia negate.

(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile) 

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