Le frasi omofobe che inquinano lo sport: si chiedono le dimissioni di Belolli

IL PRESIDENTE DELLA LEGA DILETTANTI : “BASTA DARE SOLDI A 4 LESBICHE”

di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)

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La storia sa di tranello, questo va ammesso. Non ha precedenti che in un verbale di assemblea ufficiale finisca un becero commento o qualche insulto proferito.

Ma in quella buccia di banana in cui già la scorsa estate era caduto il presidente della Lega Calcio Tavecchio- sempre che venga confermata la versione a verbale che l’interessato ha immediatamente smentito- il presidente della Lega dilettanti Felice Belloli c’è scivolato eccome.

“Basta dare i soldi a 4 lesbiche!!”, questa la frase incriminata attribuita al Presidente Belolli, riferendosi alla necessità di ridurre i finanziamenti al calcio femminile.

«Il mio lavoro non è esprimere una opinione. Io mi limito a trascrivere quello che sento e così ho fatto anche il 5 marzo». Sono le parole di Patrizia Cottini, segretario del Dipartimento calcio femminile, che durante il Consiglio incriminato aveva «il compito di verbalizzare tutto ». La stessa, durante un colloquio telefonico con Corriere.it, conferma: «Tutti i consiglieri presenti hanno sentito quelle frasi, il mio compito era semplicemente verbalizzarle».

E’ l’ennesima vergogna in cui il calcio italiano si crogiola come un maiale nel fango.
Uno sport ormai irrimediabilmente sporco, in cui chi comanda e dovrebbe dare il buon esempio pensa invece a far battute razziste (Tavecchio: “Optì Pobà mangiava le banane”) o sessiste-omofobe (sempre Tavecchio disse che le calciatrici donne sono handicappate!) . E non ci si può poi di certo stupire se i tifosi o presunti tali, emulando quelli che dovrebbero essere esempi, si facciano notare ogni partita per cori razzisti o violenza immotivata e spesso pretestuosa.

Il pallone è sgonfio, vien da dire, in modo inversamente proporzionale alla pazienza dei tifosi per bene, i più, chi vorrebbe solo che ogni domenica fosse una festa.

 «Se non si dimette lui mi dimetterò io. Questo lo dico formalmente, non credo sia possibile andare avanti con una persona che, non solo denigra il calcio femminile, ma assolutamente non lo tiene in considerazione». Questo è quanto dichiara a Radio 24 Sonia Pessotto, ex calciatrice e consigliera del dipartimento calcio femminile della Figc. «C’ero e questa frase è emersa alla fine di una discussione piuttosto concitata in cui il presidente Belloli ha continuato a ripetere che non ci sono soldi, non ci sono soldi per il calcio femminile, scordatevi i finanziamenti che sono stati dati lo scorso anno. E poi se ne è uscito con quella frase, in modo violento. In quel momento non ho avuto la forza di reagire perché sono rimasta talmente stupefatta e basita che non c è stato modo di ragionarci sopra un attimo».

Ora tutti chiedono le dimissioni, tutti sono sconvolti e sconcertati, compreso Tavecchio, compresi tutti quelli che Tavecchio l’hanno votato. L’ipocrisia rende grigio il calcio più della nebbia dei fumogeni.

Forse Belolli, caduto nella buccia di banana, sarà “dimissionato”, o forse no. Come tante altre volte. Ma si capisce, ancora una volta, come l’Italia sia lontana anni luce dai Paesi civili, dove il semplice vedersi attribuita una frase del genere avrebbe consigliato a chiunque di dimettersi dopo mezzo minuto.

 

In Italia esiste una legislazione contro l’omofobia? 

Oltre alla nostra Carta Costituzionale che sancisce l’uguaglianza senza distinzioni di sesso e quindi anche di orientamenti sessuali, il nostro codice penale prevede in maniera molto specifica la tutela del bene della libertà sessuale considerata a tutti gli effetti una componente inviolabile della  libertà personale (cfr. sez. II del titolo XII del codice penale intitolato dei delitti contro la libertà personale).

E’ opportuno anche ricordare che la legge italiana  tutela le persone discriminate  sul posto di lavoro per motivi legati all’orientamento sessuale attraverso il decreto legislativo n. 216/2003 che ha attuato la direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Inizialmente però il testo di legge italiano recepiva solo in parte  la normativa dell’Unione europea in quanto introduceva alcune eccezioni al divieto di discriminazione riguardanti il personale delle Forze armate, quelle di Polizia e dei servizi di soccorso. In seguito fu aperta una procedura d’infrazione  contro l’Italia dalla Commissione europea e tali eccezioni sono state abolite dall’art. 8-septies del decreto-legge n. 59/2008 convertito, con modificazioni, nella legge n. 101/2008.

Nel 2013 è stata presentata una proposta di legge a firma Ivan Scalfarotto per l’estensione della legge Mancino- che dal 1992 anni punisce i crimini motivati da odio razziale, nazionale ed etnico- anche ai crimini commessi motivati dall’identità sessuale della vittima . Dopo un acceso dibattito, la legge viene approvata il 19 settembre dalla Camera dei Deputati, con la specifica che non sono soggette ad aggravante per omofobia “opinioni assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni”. Un assurdo che di fatto depotenzia in maniera incredibile al portata della legge e, a sua volta, introduce un trattamento discriminatori tra i “discriminatori” omofobi “privati” o quelli “organizzati”! Il frutto del peso parlamentare di chi- di quelle posizioni ormai fuori dal mondo e dai tempi- fa una bandiera politica o religiosa. Nel mese di aprile 2014 la legge inizia l’iter al Senato ma ancora stagna, come i maiali di inizio articolo, nei fanghi melmosi del Parlamento.

I Paesi più civili, in particolare quelli del Nord Europa da sempre all’avanguardia nella tutela dei diritti, hanno da almeno 20 anni leggi che puniscono pesantemente con il carcere la discriminazione nei confronti degli omosessuali

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