
senza alcun dubbio, le luci dei giochi olimpici hanno acceso i riflettori su tante parti rimaste nel buio e lontane dalle mete turistiche.
Il mio viaggio ha cercato aspetti piu’ unici e controversi della capitale inglese, trovando un intero mondo che respira e batte di vita propria.
Tante le strade della city, e tanti i modi per definirle, non è detto che Inverness Terrace sia adiacente ad Inverness Street, forse un modo bizzarro per organizzare la città, ma a Londra tutto è possibile, ed è la sua peculiarità, non è detto che il nostro ordine sia anche il loro.

Il gusto di salire sugli autobus rossi a due piani,( i double decker) è tipicamente londinese, da provare ovviamente, ce ne sono anche normali o a due piani piu’ moderni, ma quelli più vecchi uguali a quelli che già giravano nei primi decenni del secolo, hanno tutto un altro sapore, con l’apertura posteriore senza porta e la sbarra per sorreggersi alle salite.
I numeri storici come l’8, 13, 11, 23 fanno parte di quelli dove sali e ti fai portare senza meta, facendo un bel tour turistico senza troppo pretese, decisamente migliore di quello confezionato dei pullman organizzati.
Da buona Italiano uno dei miei primi pensieri, è stato il cibo, ma a Londra si pensa piu’ a bere che a mangiare, e dato lo straordinario mix di culture e lingue a rendere Londra infinita, ad ogni ora del giorno si puo’ mangiare e bere a qualunque latitudine si desideri;dopo qualche preoccupazione culinaria, sono entrato nella loro realtà, non ci si puo’ esimere dal vivere i pub, tipici e unici, con le piu’ variegate tipologie di birra, cucina tipica inglese, locali celebri in tutto il mondo sono rimasti com’erano due o trecento anni fa, le insegne somigliano ad opere di artisti, nomi caratteristici e dei piu’ fantasiosi lasciano libera l’immaginazione, il legno massiccio all’interno, lampadari di ogni forma e colore, le decorazioni in ottone, quell’inconfondibile odore di moquette, come non citare il Woodstock, locale storico, è li dal 1736, o Black Friar in Queen Victoria Street è ancora lì, dal 1875.
Gli inglesi si dice siano meno passionali rispetto ai loro fratelli europei, ma di passione in quella città ne ho vista tanta, sul lavoro o sul calcio, vissuto con passione coinvolgente ma senza lasciarsi troppo travolgere dall’esasperazione all’italiana, cha anche da non tifoso quale sono, conosco molto bene.
Al di la degli hooligans e dei loro misfatti, mai visti tra l’altro, l’atmosfera è quella sportiva, quella del godersi una partita sotto campo, senza barriere fisiche o psicologiche, padri, nonni e nipoti, sorridenti, rilassati, che escono dalla stadio con gli avversari spalla a spalle ridono e discutono con dei tortini di carne offerti dalla sicurezza.
Da non dimenticare, l’immensa periferia abbandonata e malfamata, la Londra religiosa, che si dipinge con le preghiere del mondo, chi vive nelle case galleggianti sui canali di East London e delle sue 200 lingue parlate, lingue scomparse come lo yiddish, il complesso di grattaceli di Canary wharf, l’energetica vitalità dei bazar dove si puo’ scegliere quello che si desidera, a secondo dei gusti, umore e portafoglio, gli innumerevoli barbieri soprattutto pakistani e bengalesi, i market all’aperto che vendono ogni tipo di cosa, dalla frutta e verdura, ai calzini ecologici in fibra di bambù al manzo del Devon o il salmone affumicato affettato a mano, da non dimenticare perche’ Londra è ” cool ” ma anche dura e difficile, non si dimentica, la sua essenza ti entra dentro ed è difficile che ti lasci.
Un grande porto quindi, fatto di tante partenze ma da altrettanti arrivi, un continuo sfilare di passaggi, storie e vite che come spesso accade sono semplicemente in cerca di un modo per tirare avanti; non solo nebbia dunque, quella nebbia citata non a caso da Charles Dickens “nebbia negli occhi e nella gola” quella “nebbia su per il fiume, nebbia ovunque .“
In questa città ho appreso una lezione di vita, quella della tolleranza del mettersi in gioco e del rispetto, forse non proprio la nuova Babilonia come scrivevano nel passato,
ma “vedendo Londra, ho visto tutta la vita che il mondo puo’ presentarmi” scriveva il poeta, critico e scrittore, Samuel johnson.
Jacopo Benedetti
Invia la tua storia di viaggio a : redazione@fattodiritto.it