Centro di educazione ambientale cattedrale nel deserto

RISTRUTTURATO AL CARDETO DI ANCONA, MAI USATO

– ANCONA – di Giampaolo Milzi

Il Centro di educazione ambientale al Cardeto di Ancona, ristrutturato nel 2009, mai aperto (foto di Gianluca Mainiero)
Il Centro di educazione ambientale al Cardeto di Ancona,
ristrutturato nel 2009, mai aperto (foto di Gianluca Mainiero)

C’è la vasta area in abbandono dell’ex Convento dei Cappuccini-ex Caserma Stamura. C’è il grigio e squallido palazzone dell’ex Deposito derrate alimentari a due passi dalla ex Polveriera. C’è il diroccatto e cadente complesso degli ex casermaggi. Ma c’è anche un’altra struttura immobiliare che ricorda a chi passeggia nel Parco del Cardeto come questa stupenda area di alto valore paesaggistico, naturalistico e storico, sia non solo sotto l’attacco crescente del degrado ma anche ancora in attesa di diventare quella sorta di museo a cielo aperto vagheggiato da tanti, troppi anni nelle stanze dei bottoni di Palazzo del Popolo. Si tratta dei tre edifici “ad U” che, come annuncia un cartello isolato in mezzo a una spianata stepposa e desolata, che avrebbero dovuto ospitare il Centro di educazione ambientale (Cea). Già, avrebbero dovuto. Ecco perché. A differenza degli altri siti citati – su cui si è ampiamente polemizzato da tempo senza alcun costrutto progettuale – lo pseudo Cea è davvero un oggetto misterioso per chi lo avvista sbirciando dalla parte alta della strada del parco che dal fianco destro della facoltà di Economia (ex caserma Villarey) sale verso il dirupo a mare. Nessuno, fino ad ora, se n’è interessato. Almeno da quando, nel 2009, sono stati completati i lavori per ristrutturare, su progetto dell’Ufficio municipale di riqualificazione urbana, quei tre vecchi plessi “ad U” del complesso “casermette”, anch’essi in origine configurati come locali di servizio della vasta area militare retrostante l’ottocentesca caserma Villarey e probabilmente utilizzati come locali per lavorazione delle polveri da sparo. Un’opera di ristrutturazione – in parte di restauro conservativo e in gran parte modernizzante – dal risultato brillante, attuata grazie a un finanziamento complessivo di almeno 600-700mila euro, una cifra complessiva raggiunta grazie a 400mila euro messi a disposizione dall’ente Provincia (con il contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale) e 200-300mila euro stanziati dal Comune.

In base a un accordo bilaterale, il Comune, proprietario del perfettamente rinnovato corpo edilizio, firmò una convenzione d’uso di durata 40ennale a favore della Provincia che, appunto, doveva farne il nuovo fiore all’occhiello della sua rete di Cea, ovvero il Centro Ambientale del Parco del Cardeto di Ancona. Dotandolo di arredi e strumentazioni, magari dandolo in gestione ad associazioni ambientaliste, di volontariato, scoutistiche. Un’oasi strutturale funzionale ad esaltare e divulgare l’oasi Cardeto e le sue importanti e specifiche caratteristiche botaniche legate alle tipicità e agli habitat della macchia mediterranea.

Nulla di tutto ciò. Completato il cantiere, collaudata l’opera, il progetto è finito nel dimenticatoio dell’abbandono e lì è rimasto per 6 anni. Motivo principale? Il progressivo demansionamento legislativo e governativo degli enti Provincia, i quali, in attesa di essere del tutto cancellati, sono in pratica ridotti a una sorta di carrozzoni-ufficio con compiti più che altro burocratici. E così il mancato Cea Cardeto è rimasto una piccola cattedrale nel deserto. La ormai anacronistica convenzione con la ormai “mini Provincia”, chiamatasi ufficiosamente fuori dall’impresa l’estate scorsa, vale carta straccia. Un parabolico ed inquietante iter di mala gestione-urbanistica ben noto all’assessore comunale alla Cultura Paolo Marasca. Il quale, reduce da una perlustrazione compiuta qualche settimana fa “sul luogo del delitto”, si dichiara appassionatamente ottimista: “Quella del Centro di educazione ambientale era un’idea della Provincia e tale è rimasta, ora la questione passa interamente nelle nostre mani”. Cioè? “Il mio assessorato sta ragionando nell’ottica di una nuova destinazione. Le ipotesi principali sono due: restare fedeli al tema ambientale, e quindi utilizzare la struttura come centro per la valorizzazione naturalistica del Parco, anche con attività di formazione; oppure puntare sul tema culturale, destinandola a funzioni in link con quelle che partiranno presto all’ex Polveriera rinnovata o con altre iniziative, sempre culturali, già presenti o bisognose di spazi in città”. Ottimista anche in quanto ai tempi del recupero, Marasca: “E’ vero che c’è da fare un gran opera di pulizia e risistemazione esterna (quintali e quintali di rovi ed erbacce, ndr,), opera che sta per iniziare. Ma l’interno dei locali è in perfetto stato, vanno solo arredati. Il nuovo Centro comunale sarà dato in gestione con gara pubblica, esistono soggetti interessati, a partire dalla prossima primavera sarà già parzialmente operativo”.

(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

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