Musica & Diritto- “La cura” del maestro Battiato

Amare è solo ed effettivamente prendersi cura di un altro essere, sollevandolo da tutto, stargli accanto, ma senza evitargli le indispensabili tappe nel dolore, senza il quale è impossibile risvegliarsi” (M.Macale – Franco Battiato, dalle origini a “Gommalacca” – ed. Bastogi).

di Valentina Copparoni

Il 23 marzo 1945 nasceva a Jonia, in provincia di Catania, un grande maestro, un compositore capace di toccare le corde più intime e vibranti dell’animo in maniera sofisticata ma mai eccessivamente complessa: sto parlando di Franco Battiato.
Per festeggiare il suo compleanno non posso non ricordarlo con un suo regalo per noi,  una delle canzoni più belle del suo immenso repertorio artistico ed una delle più belle del panorama musicale italiano: “La Cura”, scritta nel 1996 a quattro mani con Manlio Sgalambro.

Un testo, un’interpretazione dolcemente cullata da note che entrano in testa ed una volta entrate non si dimenticano più.

Le interpretazioni di questo brano sono in realtà diverse, è considerata dai più una   canzone d’amore, secondo altri è una canzone sull’abbandono e sulla assenza di una persona della quale non si può più fare a meno.
In realtà questo brano, come altre opere di Franco Battiato, probabilmente vuole essere una sorta di mantra, una preghiera-meditazione sulla essenza dell’amore come cura e “accompagnamento” di un’altra persona lungo una strada che è spesso, anzi quasi sempre, incidentata e fatta anche di dolore e di abbandono per cause esterne ma a volte per cause interiori e che solo da dentro posso essere risolte.

Amore inteso nel significato più ampio, non necessariamente quello tra uomo e donna, ma tra “esseri” che sono uniti comunque dalla forza di un legame come quello tra padre e figlio o, secondo un’altra interpretazione molto affascinante, tra Dio o qualunque essere superiore a  noi comuni mortali con i nostri difetti e le nostre fragilità.

La cura di chi e verso chi?

Forse una risposta unica non c’è, sta nel cuore di la ascolta e di chi di volta in volta  si “legge” in quelle parole. E forse lo splendore di questa canzone sta proprio in questo, nel lasciare chi ascolta semplicemente libero di dedicarla a chi desidera, al suo “essere speciale”, magari anche a se stesso.
L’amore di cui  si parla nel brano sembra  qualcosa in grado di andare anche oltre l’amore terreno, una sorta di parallelismo tra l’amore terreno, materiale e carnale –i profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi, la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi– e quello spirituale, dell’anima.

Alcune interpretazioni vanno anche oltre, individuano il soggetto cui è dedicato il teso nello stesso Battiato che dipinge con  pennellate poetiche e delicate la sua visione misantropica della vita dedicata  alla propria ricerca filosofico-spirituale che gli ha permesso di affrontare con controllo e massima consapevolezza  la crudeltà della vita, i giudizi della gente, di conoscere forse l’assoluto o comunque ad intuirlo e con questa “forza” dedicarsi al suo essere speciale facendogli dono della sua anima ritrovata  e della sua conoscenza (Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza …. Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto. Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono”.)

Ma c è un’interpretazione che più delle altre mi ha affascinato.
Si tratta di una lettura personale compiuta da Fabrizio Sebastiani (http://la-cura-franco-battiato.blogspot.it/) che interpreta il brano come un preghiera, al contrario.  Non dell’uomo verso Dio, ma di Dio che si rivolge all’uomo , alla sua creatura cui dedica parole di rassicurazione, di cura ma in senso non materiale piuttosto spirituale. Lui che conosce le leggi del mondo e che può farne dono.

L’arte, che sia un quadro o la musica, è qualcosa che si apre all’interpretazione di chi osserva o di chi ascolta che magari si allontana, e di tanto, rispetto a quella più autentica in quanto propria dell’autore. Non per questo si può parlare di errore o visione sbagliata anzi è proprio questa capacità che rende “viva” un’opera che altrimenti rimarrebbe soltanto tela e colori o note e spartiti.

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,

dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,

dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,

dalle ossessioni delle tue manie.

Supererò le correnti gravitazionali,

lo spazio e la luce

per non farti invecchiare.

E guarirai da tutte le malattie,

perché sei un essere speciale,

ed io, avrò cura di te.

Vagavo per i campi del Tennessee

(come vi ero arrivato, chissà).

Non hai fiori bianchi per me?

Più veloci di aquile i miei sogni

attraversano il mare.

 

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.

Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza.

I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi,

la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi.

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.

Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.

Supererò le correnti gravitazionali,

lo spazio e la luce per non farti invecchiare.

TI salverò da ogni malinconia,

perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…

io sì, che avrò cura di te”

 

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