Trattativa Stato-mafia, rigettata la richiesta dei boss Riina e Bagarella a presenziare all’udienza per l’audizione di Napolitano

di Alessia Rondelli

PALERMO, 12 OTTOBRE 2014- Prosegue il noto processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia pendente innanzi la Corte di Assise di Palermo che ha finalmente sciolto, dopo circa un anno, la riserva sulla richiesta del Capo dello Stato di essere esonerato dalla testimonianza. Napolitano ha più volte cercato di spiegare l’inutilità di essere sentito non avendo alcuna informazione rilevante da riferire, ma evidentemente la Corte non la pensa così.

Napolitano sarà chiamato a riferire in merito alla lettera che gli venne inviata circa due anni fa dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio,  che era stato in servizio all’Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al Ministero della Giustizia fra l’89 ed il ‘93. Nella missiva D’Ambrosio ribadiva la sua correttezza, ma esprimeva un timore sugli anni in cui la trattativa si sarebbe consumata ed esprimeva il timore “di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”.

La sua testimonianza è stata fissata per la prossima udienza del 28 ottobre, in cui Napolitano sarà sentito direttamente nelle stanze del Quirinale, senza pubblicità, alla sola presenza dei giudici, dei pm e dei difensori delle parti, anche se comunque non sarà segreta. Il problema però si è posto in merito alla presenza anche degli stessi imputati, i quali ai sensi dell’art. 502 c.p.p. possono fare richiesta al giudice di intervenire personalmente qualora interessati all’esame. E così hanno fatto i due boss Salvatore Riina e Leoluca Bagarella ed anche Nicola Mancino, i quali hanno richiesto di poter presenziare all’udienza quanto meno di assistervi in video conferenza.

Ma la Corte, nonostante il parere favorevole della procura, non ha autorizzato la presenza dei soggetti rischiando in questo modo di mettere a repentaglio l’intero processo. Il collegio, presieduto da Alfredo Montalto, ha sottolineato il diritto dell’imputato a partecipare alle udienze del processo che lo riguardano, così come più volte ribadito anche dalla Corte Edu. Di contro però ha ritenuto che tale pubblicità debba cedere di fronte a ragioni obiettive e razionali collegate alla tutela di beni di rilevanza costituzionale, che ben possono ravvisarsi nelle speciali prerogative del Capo dello Stato. Anche perché Napolitano dovrà essere sentito direttamente in Quirinale per il quale è prevista l’immunità della sede, in cui non possono entrare nemmeno le forze dell’ordine, rendendo impossibile farvi accedere gli imputati. Il nostro codice di procedura penale prevede l’assunzione della testimonianza del Presidente della Repubblica (art. 205 c.p.p.) stabilendone un’unica formalità sul luogo, ovvero che avvenga nella sede in cui egli esercita la funzione. Quindi, salvo il rispetto di tale previsione tassativa, vanno applicate per il resto le normali procedure ovviamente in quanto compatibili con le esigenze dettate dalla particolarità del caso. Per questo il collegio ha deciso per l’applicazione dell’art. 502 c.p.p. in forma restrittiva in virtù di quelle speciali guarentigie di carattere costituzionale previste per il Quirinale.

I legali ritengono tale decisione nulla in quanto lesiva del primario diritto di difesa dell’imputato, principio cardine nel nostro sistema, il che potrebbe avere effetti devastanti su tutto il processo. Ma i giudici hanno risposto fermamente che non c’è alcun rischio di nullità essendo il diritto di difesa comunque adeguatamente assicurato dalla difesa tecnica e dalla presenza degli avvocati che li rappresentano.

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