Torna la rubrica “Viaggi e Reportage”- La Malesia è un paese plurale

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  La Malesia è un paese plurale. Già dalla sua conformazione: è composta da due parti distinte tra loro, la penisola malese e il Borneo malese. E’ abitata da secoli da tre razze principali: malesi, cinesi e indiani; più alcune minoranze autoctone. Ad ognuna di queste razze corrisponde una diversa religione: la maggioranza è islamica, ma ci sono molti buddisti e indù, ed anche minoranze cristiane. Quella di questa molteplicità di razze e religioni è forse più una coesistenza che una convivenza, ma è comunque esemplare in un momento storico come il nostro. Il governo ha trovato il modo di mantenere l’equilibrio tra le parti, in modo non democratico come lo intendiamo noi, ma comunque efficace a consentire una situazione tranquilla. Collocata geograficamente a metà tra la Tailandia e l’Indonesia, la Malesia se ne vuole distinguere, e si attribuisce il titolo di paese sviluppato, non più in via di sviluppo.

Il Borneo malese è, per tutti coloro che hanno letto Salgari, la terra di Sandokan. Nell’intricata jungla si trovano tribù autoctone, come gli Iban, ex cacciatori di teste, che vivono ancora oggi nelle tipiche longhouse affacciate sugli specchi d’acqua. Il Sarawak è meno famoso del Sabah, seppure abbiano molto in comune. La costa del Sabah tuttavia, negli ultimi anni, è stata teatro di alcuni problemi, che scoraggiano il turista dall’avventurarvisi, sebbene la popolazione locale ridimensioni molto l’effettiva gravità dei fatti accaduti. Questo gioca forse a favore del Sarawak, che ha fama di essere la zona più pacifica e aperta della Malesia.

  Nella Malesia peninsulare, a sud si trova la storica Malacca, una delle città più antiche in quell’area, in cui sono visibili ancora oggi le tracce del susseguirsi di dominatori europei, portoghesi, inglesi… Qui i viottoli sono caratterizzati dalla presenza di templi buddisti e indù, moschee e chiese cristiane fianco a fianco.

Risalendo lungo la penisola si arriva a Kuala Lumpur, la capitale. Visitarla a piedi è faticoso, dato il clima, umido e caldo, e il traffico. I mezzi pubblici sono ancora poco sviluppati, dato che il governo pare abbia creduto di promuovere il business del petrolio – una colonna portante dell’economia malese – anche incentivando gli spostamenti in auto private. Tuttavia alcune vie del centro sono suggestive e affascinanti per delle brevi passeggiate, magari approfittando di qualche passaggio pedonale con aria condizionata! Oltre alle celebri torri Petronas e al munificente centro commerciale Pavilion, si può vivere l’esperienza di immergersi nel quartiere indiano (Little India) – talmente gremito di indiani da dare l’impressione di essere a Calcutta.

A proposito di indiani, è interessante notare che, pur essendo la Malesia, come abbiamo detto, un paese a maggioranza islamica, uno dei principali monumenti intorno a Kuala Lumpur siano le Batu Caves, un santuario indù, meta di pellegrinaggi da parte di questi fedeli, oltre che tappa fissa di tutti i pacchetti turistici. L’unico pericolo sono le scimmie che cercano di rubare gli zainetti dei visitatori, sperando di trovarci dentro del cibo!

Proseguendo verso nord si arriva alle Cameron Highlands, altipiani che ai coloni inglesi del passato ricordavano le colline della madrepatria, e oltretutto si dimostrarono ottime terre per la coltivazione del tè. Lì ci sono diversi alberghi, case e ristoranti in stile inglese. E’ una rinomata località turistica per i malesi, perché è probabilmente l’unica zona del loro paese in cui la temperatura è fresca e gradevole!

Oltre a quello petrolifero, un altro settore importante nell’economia malese è la produzione del famigerato olio di palma. I lavoratori impiegati in questa coltura sono prevalentemente immigrati indonesiani. La coltivazione di palma da olio non è solo critica per le dure condizioni di lavoro degli addetti, ma anche per la deforestazione: attraversando il paese è visibile a colpo d’occhio quanto siano vaste le estensioni di palme, a discapito della vegetazione spontanea. Ma solo di questo si lamentano i locali: nessuno crede che l’olio di palma sia dannoso alla salute, anzi, quanto a questo punto, lo difendono con decisione.

Nella parte più settentrionale della Malesia, la maggioranza islamica è più netta, e a sottolineare la vicinanza con i fratelli arabi alcuni cartelli stradali recano la scritta sia in bahasa malaysia, la lingua ufficiale, che in arabo.

Il nostro viaggio ha coinciso con un periodo di vacanze scolastiche, ed era pieno di famiglie malesi in vacanza nelle stesse località che visitavamo noi. I locali amano molto gli specchi d’acqua e fare i bagni, anche se non indossano costumi – le donne fanno il bagno vestite e munite di velo in testa, gli uomini con maglietta e bermuda. Il turismo interno è sicuramente più sviluppato di quello estero, perché la moneta locale è debole rispetto ad altre valute, ma all’interno del loro paese la maggior parte dei malesi gode mediamente di uno stile di vita che, seppur non paragonabile a quello occidentale, è molto più benestante di quanto si possa immaginare (la disoccupazione è circa al 3%).

L’idea generale è che siano bendisposti nei confronti dei turisti stranieri in visita nel loro paese. Vedere persone straniere può essere ancora, in alcune zone, una curiosità. Ricordando l’impressione decisamente tranquilla e pacifica ricevuta durante la nostra visita, dispiace apprendere ora dai notiziari che anche lì ci siano stati segnali di allarme a causa di tentati attacchi terroristici.

A completare il quadro multiforme della Malesia, una costellazione di isole e isolette che custodiscono angoli di paradiso, e nulla hanno da invidiare a lidi più conosciuti, come quelli Tailandesi, con sabbia bianca e acque cristalline, barriere coralline e variegata fauna marina visibili già a pochi metri dalla riva.

* RINGRAZIAMO LUCIA TOMASSETTI PER IL SUO RACCONTO

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