Rent to buy,l’Agenzia delle entrate punisce l’ottimismo

TASSAZIONE DEI CONTRATTI RENT TO BUY E DI CONCESSIONE DI GODIMENTO CON DIRITTO DI ACQUISTO

Del dr. Stefano Sabatini (notaio)



Ci siamo occupati poche settimane fa dei contratti in epigrafe e con un po’ di ottimismo li avevamo individuati come una pur piccola ma significativa soluzione alla crisi immobiliare che stiamo attraversando: evidentemente ad esser ottimisti si fa peccato e quindi siamo stati puniti.

L’Agenzia delle Entrate infatti con la circolare 4 del 19 febbraio 2015 ‘chiarisce’ definitivamente la tassazione dei contratti in epigrafe partendo dal presupposto, per me erroneo, che trattasi di negozio giuridico complesso costituito di due elementi che l’AE individua nel ‘godimento’ (che tassa come locazione) e nell’impegno all’acquisto (che tassa al 3% sui ratei corrisposti in conto prezzo) senza minimamente peritarsi della volontà delle parti e senza nulla prevedere al riguardo, in sfregio quindi all’autonomia negoziale che viene così ad essere calpestata.  La distinzione tra “godimento dell’immobile, per i periodi precedenti l’esercizio  del diritto di acquisto” e “imputazione di una quota del canone a corrispettivo della successiva compravendita dell’immobile” infatti è vista non dal punto di vista contrattuale e come tale negoziabile con l’accordo delle parti nell’ambito della suddetta autonomia, ma dal punto di vista meramente fiscale, ovviamente ai soli fini della duplice imposizione fiscale.

L’AE continua “Per quanto attiene al godimento dell’immobile, considerato che il contratto in esame comporta l’immediata concessione del godimento dello stesso a fronte del pagamento dei canoni, si ritiene che detto godimento deve essere assimilato, ai fini fiscali, alla locazione dell’immobile e, pertanto, per la quota di canone imputata al godimento dell’immobile trovano applicazione le disposizioni previste, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i contratti di locazione.

Con riferimento ai canoni corrisposti dal conduttore, l’articolo 23, comma 1, chiarisce che le parti imputano al corrispettivo del trasferimento una quota di canone indicata nel contratto. Tale quota di canone che ha natura di anticipazione del corrispettivo del trasferimento deve essere assimilato, ai fini fiscali, agli acconti prezzo della successiva vendita dell’immobile.

In sostanza, il trattamento fiscale da applicare al canone corrisposto dal conduttore deve essere diversificato in considerazione della funzione (godimento dell’immobile e acconto prezzo)  per la quale dette somme sono corrisposte.”

Non v’è chi non veda che trattasi di un ragionamento finalizzato esclusivamente all’applicazione di una doppia imposizione fiscale, trascurando del tutto la natura del contratto e la volontà delle parti, senza parlare poi della totale inesistenza di alcuna distinzione tra possesso e detenzione che forse avrebbe veramente chiarito. Se infatti le parti pattuiscono di imputare i ratei totalmente in conto prezzo o, meglio ancora, a caparra, come d’altronde accade spessissimo nei contratti preliminari ‘tipici’, perché vedere questi ratei come canoni di locazione? rectius perché vedere nell’immissione nella detenzione dell’immobile un rapporto locatizio?

L’AE, a mio modesto giudizio, cade in errore quando ribadisce che “Nella disciplina in esame, invece, si è in presenza di un negozio complesso che, oltre al godimento dell’immobile, prevede, in caso di esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, l’obbligo di cessione dell’immobile stesso da parte del proprietario e l’imputazione in conto prezzo dei soli acconti sul prezzo pagati sino al momento dell’acquisto.”

L’AE non si pone neanche il problema che il prezzo venga corrisposto mediante caparre! E continua : “Non si rileva alcun vincolo che obblighi entrambe le parti del contratto al trasferimento della proprietà dell’immobile, ma è presente un diritto di acquisto attribuito ad una sola delle parti (il conduttore) che, qualora esercitato, obbliga la controparte (il locatore-proprietario) a cedere l’immobile.

Di conseguenza, lo schema giuridico che caratterizza la norma in esame non è riconducibile alla locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e, pertanto, non trova applicazione  la disposizione di cui all’articolo 109, comma 2, lettera a), ultimo periodo.

Nei periodi precedenti all’esercizio del diritto d’acquisto da parte del conduttore l’unico negozio a cui possa attribuirsi rilievo giuridico è la locazione.”

Ma perché? E perché poi l’AE richiama l’articolo 21 che stabilisce che “se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di essa è soggetta ad imposta come se fosse atto distinto.”? Se per il rent to buy questo richiamo potrebbe avere una pur discutibile applicazione, di certo non può averla per il contratto di godimento! 

L’AE ammette che “Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente per la loro intrinseca natura le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa” e non c’è dubbio che nel contratto di godimento non si ravvisino più disposizioni.

Tanto per penalizzare ulteriormente le ‘piccole’ transazioni immobiliari l’AE precisa “che qualora l’imposta proporzionale di registro applicata in relazione al canone di locazione, unitamente all’imposta proporzionale di registro sull’acconto prezzo risulti complessivamente inferiore all’importo di euro 200, deve essere corrisposta l’imposta di registro nella misura di euro 200″ e “che l’imposta di registro, sia nel caso in cui le cessioni siano imponibili IVA, sia se esenti IVA, è dovuta nella misura fissa di 200 euro.

Ma c’è di più : “Per gli atti aventi ad oggetto immobili strumentali, soggetti ad IVA, si applica, inoltre,  il  trattamento  fiscale  previsto  dagli  articoli  10  e  1-bis  della   Tariffa, allegata al D.LGS 31 ottobre 1990, n. 347 (TUIC), ovvero l’imposta catastale nella misura dell’1% e l’imposta ipotecaria nella misura del 3%”.

Unica agevolazione concessa è rappresentata dal recupero dall’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo dell’imposta di registro corrisposta in relazione agli acconti prezzo e dal rimborso della maggiore imposta proporzionale versata nel caso in cui l’imposta proporzionale corrisposta per la caparra confirmatoria e per gli acconti di prezzo risulti superiore all’imposta di registro dovuta per il contratto di compravendita definitivo.

Da ultimo l’AE si occupa della mancata conclusione del contratto con relativo rimborso delle somme versate a titolo di corrispettivo del trasferimento precisandone con cura tutti gli aspetti : va sottolineato però che non prevede alcuna restituzione dell’imposta di registro corrisposta (3%) sui canoni corrisposti in conto prezzo, anche nel caso in cui il concedente proceda alla restituzione di tali somme al conduttore. Sorge spontanea una domanda : se non si procede all’acquisto il rapporto tra le parti continua ad essere di locazione quindi è giusta l’imposta del 2% sui canoni già versati e sui canoni da versare. Ma perché il Fisco trattiene l’imposta pretesa (come già detto erroneamente) sui canoni in conto prezzo? 

Tristemente dobbiamo quindi constatare che gli strumenti che ci eravamo illusi potessero rappresentare un positivo, pur piccolo, incentivo per riattivare il mercato immobiliare nonostante le difficoltà di accedere al credito bancario, vengono utilizzate dal Fisco per ‘fare cassa’.

E non abbiamo speranze in merito a mutamenti di rotta ……

Print Friendly
FacebookTwitterLinkedInWhatsAppGoogle+TumblrEmailPrintFriendlyCondividi

Leave a Reply