Monte Livata:è giallo sulla donna e i due bambini scomparsi a Capodanno

STANNO TUTTI BENE, MA SI INDAGA SULLA DINAMICA

di Alessia Rondelli (praticante avvocato presso lo studio legale RPC)

ROMA, 5 GENNAIO 2014- Storia, per fortuna, a lieto fine quella che ha visto protagonisti una donna 36enne, Alexia Canestrari, e due bambini, Nicole 4 anni e Manuel 5 anni, i quali il 31 dicembre si erano recati sul Monte Livata (1.400 metri) per fare una passeggiata. Partiti in tarda mattinata si erano avventurati in un sentiero della montagna per fare due passi e giocare con la neve nell’attesa poi di raggiungere il papà, Emanuele Tornabuoni, andato invece a sciare. Ma al ritorno dalle piste da sci l’uomo ha cercato di mettersi in contatto con la moglie trovando però il suo telefonino sempre staccato fino a che, intorno alle 16, preoccupato dal freddo e dal buio, ha deciso di lanciare l’allarme. Sono stati quindi richiamati tutti i soccorritori disponibili tra carabinieri, protezione civile, soccorso alpino, vigili del fuoco e guardie forestali che si sono attivati immediatamente con più di 50 mezzi, centinaia di persone, cani molecolari e tre elicotteri. Alle 4.00 la donna è stata individuata e soccorsa, in evidente stato confusionale, infreddolita e spaventata, ha subito detto di essersi persa e di aver lasciato i bambini al riparo per andare da sola a cercare aiuto. Solo dopo molte ore però i due piccoli sono stati ritrovati, abbracciati e infreddoliti, ma in buone condizioni generali nonostante abbiano passato l’intera notte al gelo con una temperatura che ha sfiorato anche i -10. Infatti i due poco dopo il ritrovamento hanno fornito una prima versione dei fatti, così come la donna, versioni che ovviamente dovranno essere integrate nei prossimi giorni, superato lo stato di choc. Non si sa ancora bene cosa sia successo, la donna ha detto di aver perso l’orientamento non riuscendo più a trovare il sentiero per tornare indietro e per questo ha deciso di lasciare i bimbi, ormai stanchi, al riparo in una grotta per continuare da sola a cercare aiuto. I due piccoli però non sono rimasti in quel luogo per paura degli animali, ma hanno continuato per un po’ a camminare per poi salire su un albero sul quale hanno trascorso alcune ore guardando i fuochi d’artificio dei paesi limitrofi. Hanno dimostrato davvero molto carattere e molta forza d’animo, non hanno mai mollato, sono sempre stati vicini anche quando sono scesi dall’albero e sono scivolati in un dirupo. Entrambi hanno riportato lievi fratture, ma hanno continuato a tenersi compagnia, parlandosi e abbracciandosi per scaldarsi, senza mai piangere. Si parla quasi di un miracolo, le temperature glaciali di questo periodo hanno subito fatto temere il peggio, ma i bambini hanno resistito con tutta la loro forza e il loro coraggio. “Sono due eroi” così li ha descritti il papà subito dopo il ritrovamento, “non si sa come possa essere successo, lei voleva fare una passeggiata, ha sbagliato strada, è entrata nel panico, ma ha comunque fatto tutto il possibile”. Doveroso anche il ringraziamento a tutte le autorità che hanno collaborato tra loro nelle operazioni di soccorso organizzando un efficiente piano d’azione in brevissimo tempo. Sarà ora compito della procura di Tivoli chiarire e capire la dinamica della vicenda ed accertare l’eventuale sussistenza di responsabilità in capo alla donna, ricostruendo ogni passaggio e acquisendo tutte le informazioni utili. È stato infatti aperto un fascicolo d’indagine, per ora senza ipotesi di reato, coordinato dal Procuratore capo Luigi De Ficchy, che nei prossimi giorni dovrà risentire tutti e tre i protagonisti. Più che altro bisognerà verificare se la donna sia stata costretta a lasciare i due bimbi nei pressi di un anfratto oppure se li abbia abbandonati, ovvero se essendo ormai stremati i piccoli non se la sentivano più di camminare oppure se siano stati lasciati lì contro la loro volontà. E la differenza è sostanziale: nel secondo caso la donna rischierebbe di essere accusata di abbandono di incapace, art. 591 c.p., punito con una pena da 6 mesi a 5 anni di reclusione (da 1 a 6 anni se ne deriva una lesione personale, da 3 a 8 anni se ne deriva la morte), aumentata se il fatto è commesso dal genitore/figlio/tutore/coniuge/adottante o adottato. Trattandosi di un reato particolarmente offensivo,  contro la vita e l’incolumità personale, le indagini dovranno essere molto approfondite, controllando anche i tabulati telefonici del cellullare della donna per capire se l’abbia usato e se invece sia stata impossibilitata perché si trovava in un zona isolata senza campo. La stessa intanto ha raccontato più volte tutti i dettagli della vicenda ai giornali, specificando: “Questa è una storia a lieto fine, è stato un miracolo e mi spiace che i media siano sempre a caccia del mostro”.

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