Masters of Sex, la serie americana che parla di sesso con stile

LA SERIE RACCONTA LA STORIA DI WILLIAM MASTERS E VIRGINIA JOHSON, PIONIERI DELLA MODERNA SESSUOLOGIA E NEGLI STATES E’ GIA’ SUCCESSO

masters-of-sex-posterUna delle serie più interessanti della nuova stagione televisiva statunitense è di sicuro Masters of Sex. Acclamata sia da critica che dal pubblico, le aspettative per una serie dove si parla di sesso in un modo a cui non siamo più abituati, con stile, eleganza e serietà, non sono state affatto deluse e Master of Sex si conferma come uno dei prodotti più riusciti di quest’anno.

Masters of Sex racconta la storia vera del ginecologo William Masters e Virginia Johnson, sua assistente e psicologa, considerati pionieri degli studi sulla sessualità negli anni ‘50, i cui risultati hanno posto le basi della moderna sessuologia. Il loro rapporto, pubblicato nel 1966, sulla fisiologia della sessualità umana, supera quello di Kinsey degli anni ‘40, perlopiù basato su interviste, perché di natura prettamente obiettiva e sperimentale. Molto contestato, nel suo essere uno studio che entrava con forza nelle alcove delle famiglie americane e analizzava al dettaglio quella che da tutti è considerato l’aspetto più privato della vita dell’uomo, il suo valore scientifico fu indiscutibilmente enorme. La serie televisiva ne ricalca i passi, dagli inizi confusionari e imbarazzanti nei bordelli e case chiuse al suo strutturarsi in una ricerca scientifica e organizzata. Masters e Johnson esaminarono migliaia di casi, analizzando con occhio estremamente clinico i numerosi atti sessuali compiuti dai 700 volontari che parteciparono al loro studio.

 

La serie, naturalmente, non punta solo sull’indagine scientifica per conquistare il pubblico. Mentre il loro studio va avanti, infatti, lo show segue le vite di Masters e Virginia. Lui, una vita da rispettato e distinto dottore di grande fama, con una casa perfetta e una moglie perfetta, la tipica vita anni ‘50, con tanto di gonna a ruota e arrosto nel forno pronto per le 6. Ma in questo quadretto si annidano i turbamenti di Masters, un passato che lascia segni ed è pieno di verità dette e mezza voce o mai rivelate, un’ambizione e un ego smisurati, il desiderio di essere il primo a qualunque costo, il disagio per una vita che appare troppo stretta e che non lo rappresenta, in cui indossare una maschera diventa un peso a volte insostenibile.  Lei, invece, è una donna che sembra nata nell’epoca sbagliata: due matrimoni alle spalle, madre single, non disdegna la compagnia maschile ma senza alcun impegno, sa cosa vuole e come prenderselo. A dirla tutta, in effetti, Masters e Virginia sono due protagonisti della loro epoca pur non appartenendogli. Entrambi sentono le convenzioni di quegli anni come un peso o un ostacolo, ai loro progetti come ai loro sogni, e sembrano guardare verso un orizzonte troppo lontano per le persone che li circondano. Sarà probabilmente per questo che si riconoscono con uno sguardo, che Masters comprende fin da subito che solo Virginia può accompagnarlo in quel viaggio e da parte sua la Johnson desidera partecipare al progetto ancor prima di aver compreso a pieno di cosa si tratta. Visione fatalista? Forse, ma è indubbio che i due si siano trovati, riuscendo non solo a produrre una ricerca di successo ma anche a combinarsi nella vita. Eh si, perché la serie, per guadagnare maggior appeal, ammicca alla loro relazione fin dal minuto 10 del pilot. I due, per la cronaca, finiranno per sposarsi e rimarranno uniti per molti anni, ma ne telefilm vedrete un William Master ancora molto legato alla sua prima moglie e che, eppure, non riesce a essere indifferente al magnetismo che la vicinanza di Virginia gli procura. Ma Masters è un uomo serio: se vi aspettate che si saltino addosso in stile Derek e Meredith della prima stagione di GA, vi aspettate. D’altronde siamo nel ‘56 e sia per Masters che per Virginia c’è solo il loro progetto e nient’altro. Il loro essere degli “outsider” e la loro ricerca diventeranno per la serie televisiva la cartina tornasole di una società vista con la lente d’ingrandimento. Una società, quella americana a cavallo tra i ‘50 e i ‘60, profondamente pudica e bigotta, dove marito e moglie hanno letti separati, dove un uomo non sa che la propria donna finge un orgasmo, dove la vita sessuale è vista sempre come qualcosa di cui vergognarsi o per lo meno da tenere ben nascosto, lontano dagli sguardi degli altri e persino dai propri. Un’umanità quasi ingenua, quella dipinta dalla serie, dove il sesso è ancora tabù, anche se basteranno pochi anni per una vera rivoluzione dei costumi. Guardare questa serie e pensare a ciò che, mentre per noi è normale, a quell’epoca non si immaginava neppure… beh, non può che affascinare.

La serie, prodotta da Showtime (la stessa di Dexter e Homeland), ha un ritmo decisamente lento, quindi se vi aspettate exploit di vario genere e situazioni al cardiopalma, rimarrete delusi. In caso contrario, ne rimarrete piacevolmente sorpresi. Nella sua realizzazione ricorda Mad Men, altra grande serie di questi ultimi anni, non solo per i toni pacati, ma anche per un’affinità dettata dall’ambientazione – tra le due serie intercorrono all’incirca dieci anni, ma quelli sono  senza dubbio gli Stati Uniti dell’epoca così come ce li siamo sempre immaginati guardando i film della vecchia Hollywood – un lavoro accurato sui personaggi e la loro vita interiore, focalizzando l’attenzione su ciò che si nasconde dietro le apparenze, rivelando segreti e paure, lavoro che appare evidente sul protagonista William Masters, che, in un parallelismo con Don Draper di Mad Men, sembra – ed è così – nascondere molto più di quel che dice, da un passato che ha lasciato ferite profonde fino a un’identità sfuggente e circondata da un alone di mistero. Le similitudini potrebbero però finire qui, ché di Don Draper ce n’è uno e di Mad Men pure, ma ricalcare un modello rivelatosi vincente non può che incoraggiare la visione di un prodotto che pare aver appreso bene la lezione. Bello e ben fatto, poi, il personaggio di Virginia Johnson, che non è affatto collaterale ma ha la medesima centralità di quello di Masters e come tale sa imporsi sulla scena e nella mente dello spettatore. Merito, a mio parere, di Lizzy Caplan, l’attrice che interpreta l’assistente di Masters, alla quale sembra che il ruolo della Johnson sia praticamente cucito addosso. Bravo anche Michael Sheen nei panni di William Masters, la cui rigidità tipica inglese contribuisce a dare al personaggio quella severità che gli compete, sebbene bisogna ammettere che in alcuni momenti il risultato è inquietante o quantomeno bizzarro. Ecco, diciamo che il Masters di Sheen è una di quelle persone che ti fa sentire profondamente a disagio anche quando ci trascorri solo qualche minuto in ascensore. Ed è, forse, il motivo per cui la sua figura ci incuriosisce tanto.

Atmosfere alla Mad Men, una storia vera e il sesso, da sempre catalizzatore di attenzione, raccontato in maniera inedita, arguta e conturbante. Questo è Masters of Sex.

Una scelta coraggiosa quella di Showtime, che è già stata premiata. Lo show, al momento composto di 12 episodi, è stata già confermato per una seconda stagione. Masters of Sex è la dimostrazione che si può parlare di sesso e riuscire comunque a realizzare un prodotto di grande qualità e valore, senza ricorrere a mezzi usati e abusati e scadere nel volgare. Gli ingredienti e le potenzialità per veder crescere questa serie ci sono. La curiosità anche. Non resta che lasciarsi conquistare dalla storia di William e Virginia e, magari, sperare che la serie arrivi anche in Italia.

 

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2 Responses

  1. Lucio
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