Luci ed ombre dello Stepchild Adoption: il Ddl Cirinnà

FACCIAMO CHIAREZZA SU UNIONI CIVILI E ADOZIONE DEL FIGLIO DELL’ALTRO

di dott.ssa Amii Caporaletti

familyStepchild Adoption significa letteralmente “ adottare il figliastro” ed è una parola che, negli ultimi giorni sta riecheggiando spesso nelle aule parlamentari.

Il 28 gennaio giungerà alle camere il disegno di legge denominato “ Cirinnà” che prende il nome proprio dalla sua autrice, la senatrice del PD Monica Cirinnà, il quale si offre di regolamentare due fattispecie, la prima relativa alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, e la seconda riguardante le famiglie di fatto costituite sia da persone eterosessuali che omosessuali.

L’aspetto più significativo nonché problematico del ddl Cirinnà è sicuramente rappresentato dall’art. 5 riguardante, per l’appunto, il meccanismo dello Stepchild Adoption già esistente nell’ambito dell’ordinamento italiano dal 1983. Esso è infatti stato introdotto con la L. 184/1983 con la quale veniva attribuito il diritto in capo ad un coniuge (facoltà recentemente estesa anche ai conviventi), di adottare il figlio biologico o adottivo dell’altro.

Ciò premesso, è necessario, prima di addentrarsi nei meandri problematici di tale meccanismo, effettuare una preliminare disamina tra l’adozione c.d. “legittimante”, e l’adozione c.d. “non legittimante”.

La prima consente ai coniugi ( o ai conviventi ) che sono sposati da tre anni, senza essere mai stati separati neppure di fatto, di adottare il minore, il quale assumerà per entrambi, lo stato di figlio legittimo. Tale adozione è chiaramente subordinata al controllo e all’accertamento operato da parte dei servizi sociali, dell’idoneità (economica, sociale ed affettiva) della coppia, di esercitare la potestà genitoriale sul minore.

L’adozione non legittimante invece, prevista nello Stepchild Adoption, prevede che il figlio biologico o adottato, di uno dei due coniugi, possa essere adottato anche dall’altro che ne assume i doveri genitoriali pur non costituendo con il minore un vero e proprio rapporto parentale, (ossia non avrebbe legami parentali con la sua famiglia).

Anche in questo caso l’adozione non è automatica, è necessario infatti che sussistano alcune condizioni inderogabili, prima fra cui il consenso del minore o la sua opinione favorevole (il consenso può essere espresso dal minore che ha superato l’età dei 14 anni, l’opinione invece dal minore che ha un’età ricompresa tra i 12 e 14 anni), nonché l’accertamento da parte del Tribunale dei minori competente, circa l’idoneità affettiva, la capacità educativa,economica e personale del coniuge o convivente formulante la richiesta.

Ciò precisato, si evidenzia come, a seguito di due eclatanti pronunce realizzate dal Tribunale dei minori di Roma tra il 2014 e il 2015, si sia avvertita l’esigenza di fare chiarezza in merito all’estensibilità dell’adozione c.d. “ non legittimante”, anche ai figli del genitore omosessuale e del suo convivente. In entrambi i casi sottoposti al vaglio del Tribunale dei minori di Roma, la convivente donna della madre biliogica del minore, presentava tutti i requisiti normativamente richiesti per ottenere l’adozione del minore, ed aveva altresì instaurato con lo stesso un forte legame affettivo. L’unico scoglio da superare era dunque costituito dalla circostanza secondo cui la persona richiedente aveva lo stesso sesso del genitore adottivo o biologico del minore. La decisione del Tribunale di Roma ha rivoluzionato la giurisprudenza presistente, stabilendo che l’orientamento sessuale del richiedente l’adozione non debba costituire un ostacolo all’accogliemnto della richiesta.

Con il ddl Cirinnà dunque, tale orientamento giurisprudenziale diverrebbe legge a tutti gli effetti.

Tuttavia notevoli sono le problematiche sottese all’approvazione dell’art. 5. In primo luogo forti sono i contrasti tra le varie ale politiche presenti nel parlamento, contrasti che( per mero scopo esemplificativo), possono ricondursi a due principali orientamenti, quello dei parlamentari laici, i quali sostengono l’assoluta necessità di ampliare l’ambito applicativo dello Stepchild Adoption alle coppie omosessuali, e quello cattolico, nel quale invece si fa strada la convinzione che tale apertura potrebbe portare ad un aumento del fenomeno delle c.d. “madri surrogate” già presente in molte realtà europee. Per far fronte a tale problematica, la politica democratica cattolica, introducendo la figura dell’ affido rafforzato, ha presentato un emendamento modificativo dell’art. 5, volto ad introdurre l’istituto dello “affido rinforzato” consistente ne: “ l’affidamento personale del minore da parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso quando lo stesso è figlio, anche adottivo dell’altra parte dell’unione civile e il genitore biologico estraneo all’unione civile sia o sconosciuto, o deceduto o decaduto dalla responsabilità genitoriale”.

Che differenza c’è con lo Stepchild Adoption? L’affido rinforzato è un affido speciale che si protrae fino al compimento della maggiore età da parte del minore, il quale potrà decidere in quel momento se farsi adottare del genitore legale. In questo caso dunque, il coniuge o convivente affidatario non assume lo status definitivo di genitore nei confronti del minore, e potrà dunque sottrarsi senza alcuna conseguenza agli obblighi insiti della responsabilità genitoriale.

Tuttavia la polemica dilaga e trova le sua ragion d’essere nella carenza nel predetto emendamento, di un’idonea tutela del minore di fronte ad eventuali eventi che potrebbero verificarsi inficiando i suoi diritti, come la separazione tra il proprio genitore e il partner affidatario, o la morte di quest’ultimo.

Nell’attesa che arrivi il fatidico 28 gennaio, in questi giorni, conditi da polemiche politiche bipartisan, il Presidente del Consiglio Renzi replica assicurando che il ddl Cirinnà troverà i necessari consensi nella chiave di volta costituita dal voto segreto dei parlamentari. Non ci resta dunque che attendere pazientemente che i giochi e le strategie politiche volgano al termine.

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