Lo stiloso bis dei Droptimes

SOUNDS OF THE UNIVERSE”

x-fed-foto-droptimesPORTO SANT’ELPIDIO (FM) – di Andrea Mastromarco – I suoni dell’universo. È ciò che gli elpidiensi Droptimes vogliono comunicare con la loro proposta musicale. Una sfida pambiziosa, così come questo (appunto) “Sounds of the universe”, ultimo Cd del duo composto dal polistrumentista e produttore Alessio Catozzi, tra l’altro arrangiatore di tutti i brani, e dal cantante Alessandro Maranesi, uscito l’anno scorso ad un lustro di distanza dal loro debutto (l’Ep “The Surfer”, già recensito sulle pagine di Urlo).

I Droptimes, coadiuvati da un folto ensemble di musicisti preparatissimi, riescono perfettamente nell’intento di riproporre in chiave assolutamente contemporanea ed originale quelle sonorità progressive e new wave in auge a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80. E lo fanno, a parere di chi scrive, in modo del tutto naturale, senza prodursi in ostili forzature stilistiche o soluzioni prive di logica alcuna, rendendo il sound assolutamente fruibile e (soprattutto) godibile. Perché, nonostante i complicatissimi pattern strumentali, sono la melodia ed una produzione a dir poco cristallina a far da padrone lungo il corso delle 10 tracce che compongono questo concept album che ha l’arduo compito di condurre l’ascoltatore in “un viaggio nel tempo, dalla nascita alla rinascita”.

Non sono un grandissimo fan del genere, devo ammetterlo. Ma questo disco non riesco a smettere di ascoltarlo. Come fu, all’epoca, con quella perla di “Non zero sumness” dei Planet Funk, con cui secondo me i Droptimes hanno non pochi punti in comune. Il viaggio inizia con la breve, ma intensa, “Infinite”, evocativa nel cantato con tre distinte linee melodiche. Cullati dalla bella voce di Maranesi (sempre all’altezza; uno dei punti di forza dei Droptimes), subito si viene avvolti dalle suadenti melodie elettriche di “Smells like of pure” e dalle accattivanti sovrapposizioni tra sax e piano di “From above”. La camaleontica “Floating” si articola tra industrial e progressive, mentre con la successiva “The alarm” vien fuori l’anima rock della band, con un sax che in certi passaggi potrebbe addirittura rimandare al John Zorn più “commerciale”. “Sky horse” è una stupenda ballad elettronica che fa da preludio a “Dangerous mind”, pezzo che non stonerebbe nel repertorio dei King Crimson (per lo meno di quelli della produzione 1981-84), così come la successiva “Something beautiful”. In “Running out of control” è un po’ come se i Röyksopp con voce maschile decidessero di suonare al Grand Ole Opry, prima di chiudere con la più canonica e melodica “Feel like music”.

Un disco complesso, che merita molteplici ed attenti ascolti, ma che saprà sicuramente coinvolgere ed entusiasmare chi, nel panorama musicale attuale, cerca qualcosa di nuovo che non sia facilmente etichettabile in un genere piuttosto che in un altro.

Bellissima anche la confezione del disco, un elegante digipack dalla grafica essenziale ma curata in ogni minimo dettaglio, così come interessantissimi sono i tre videoclip (“Floating”, “The alarm”, “Smells like of pure”) realizzati dall’artista visivo Davide Calvaresi, autore anche dell’’interazione visiva durante i concerti dal vivo.

Attualmente i Droptimes, dopo aver presentato l’album con una formazione a 6, stanno lavorando al riarrangiamento in chiave elettronica dei brani che proporranno dal vivo in duo.

Per informazioni e per acquistare il disco: http://facebook.com/droptimes – tel. 339/8801659 (Alessandro)

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