Liberami, la recensione

di Alessandro Faralla (Responsabile Cultura e Spettacoli F&D)

Liberami

Non è fondamentale essere credenti per guardare Liberami, il documentario di Federica Di Giacomo premiato come miglior film della sezione Orizzonti al Festival di Venezia 2016.

Cos’è oggi il male? Con cosa lo identifichiamo, è smarrimento, paura, angoscia?

In un mondo dove le relazioni dovrebbero essere più facili e disinvolte c’è una realtà di solitudine, di estraniazione, di malessere celato. Partendo da questa prospettiva si può inquadrare senza pregiudizi il racconto della Di Giacomo nel mondo di una Chiesa chiamata ad allievare le sofferenze di tante persone “possedute”. Una situazione che negli ultimi anni ha visto aumentare il numero di preti esorcisti tanto che si organizzano corsi di formazione per andare incontro a una richiesta di aiuto sempre maggiore.

Liberami non cerca risposte, osserva, segue la quotidianità di varie province siciliane in cui le messe collettive dei sacerdoti esorcisti sono l’unico sollievo per esistenze tormentate. Tra le figure di spicco c’è Padre Cataldo che con instancabile tenacia assolve al suo dovere, non indietreggia dinanzi alle manifestazioni del male. È potente l’equilibrio con la quale questa realtà viene messa in scena, in un contesto dove sacro e profano trovano un punto di contatto, di sintesi, c’è chi cerca oltre la religione il conforto, una serenità che l’attualità è incapace di donare.
Il documentario riflette il punto di vista dei protagonisti: le cadute, le preoccupazioni, le pratiche esorciste che in alcuni casi sembrano surreali ma il tutto ha un terreno comune: la ricerca della salvezza oltre la religione.

Nei suoi 89 minuti Liberami ti cattura perché c’è un armonia tra quello che è vero e ciò che potrebbe essere fiction, c’è l’immagine chiara di individui che vivono come in una gabbia, in un’oscurità che ti deforma nell’animo e spesso l’unica soluzione è non smarrire la propria fede.

 

Liberami è da oggi nelle sale  distribuito da I Wonder Pictures.

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