Le “Cronache dai margini” di M.Canapini

“EURASIA EXPRESS”, PAGINE PER VIAGGIARE

ANCONA – di Giampaolo Milzi – Un libro di viaggi che ti fa viaggiare. Ed è tanto. Perché anche se tu macini decine di migliaia di chilometri leggendo le pagine di “Eurasia express” (Prospero Editore”, 2017) le stesse riescono a renderti le emozioni e lo scopo della missione dell’autore: “Cronache dai margini”, come da sottotitolo. Cioè appunti vividi e vivaci raccolti nei posti più umanamente desolati – ma per molti versi baciati da una natura mozzafiato – di una sterminata area geografica dove si intrecciano confini, culture, contraddizioni, povertà, conflitti sociali, guerre, dolori, povertà, sogni di libertà e giustizia. Bosnia, Romania, Moldavia, Ucraina, Russia, Mongolia, Cina, Vietnam, Cambogia, Laos, Thailandia, Birmania, India, Nepal, Balcani: questi le tappe del progetto “Il volo dell’altro”, ideato nel marzo 2015 dal 26enne Matthias Canapini e concretizzatosi in un’avventura lunga 6 mesi quasi esclusivamente via terra da Fano all’estremo Oriente e ritorno. Un itinerario affrontato con grande coraggio, fatica e passione, superando ostacoli di ogni tipo – grazie anche all’aiuto ricevuto dalle gente comune e dalle associazioni di volontariato solidaristico incontrate. Un itinerario alimentato da una curiosità incompromissoria e a “piede libero”, quello “di chi si impolvera le scarpe” decifrando “i segni del terreno, come i sassolini di Pollicino” (scrive Poalo Rumiz nella prefazione). Canapini percorre col suo taccuino – scrivendo spesso a bordo di un bus scassato, di un treno che scoppia di passeggeri, di un carretto – le tracce di una umanità dimenticata dall’indifferente realtà da cui lui proviene, “dove tuttavia – appunta – non tutto è perduto”, perché ”come mi ha detto una cara amica incontrata nelle campagne moldave, finché le cicogne voleranno in cielo ci sarà sempre una speranza per il nostro mondo”.
Impossibile citare la miriade di fotografie e ritratti di personaggi, situazioni, paesaggi, aneddoti, intriganti imprevisti, testimonianze, raccolti in questo diario che ignora i circuiti turistici. Un “non turista”, Canapini, che in questo mondo “altro” sofferente s’imbatte, sempre, in frotte di bambini e ragazzini. Quelli invisibili che sopravvivono nelle fogne, nei canali, nei cunicoli sotterranei di Bucarest in Romania, denutriti, drogati, “mangiati dall’Hiv”. Gli orfani dell’Ucraina segnata dalla guerra civile tra nazionalisti e filo-russi, dove anche fischiettare per strada è interpretato come un senso di fallimento. Gli orfanelli monaci di una Mongolia popolata da 3 milioni di persone e 60 di animali, sospesa tra gli stridenti contrasti tesi fra la capitale Ulan Bator, la terza città più inquinata del pianeta, e le immense steppe dove resistono tribù di nomadi pastori e allevatori di renne, e nei villaggi si praticano riti sciamani. E ancora, i bambini atleti di kung fu della scuola del momastreo Wugulun a Deng Feng, in Cina. Quelli, ben 600, ad Hanoi, devastati dalle malattie e malformazioni eredità della “dinamitarda” diossina sganciata a pioggia dai bombardieri Usa durante la guerra del Vietnam. I bambini, è noto, sono tra i più traumatizzati dalle guerre e dalle tragiche realtà che esse sedimentano poi negli anni. Nella Cambogia mai ripresasi dal genocidio voluto dal folle Pol Pot, il problema della bonifica delle mine antiuomo è ancora mostruoso. Lo stesso vale per le “cluster bombs” lanciate sempre a margine del conflitto vietnamita, dai B52 Usa in Laos. Nazioni incamminatesi con enormi difficoltà verso una vera democrazia, come la Birmania, fresca reduce della spietata dittatura militare, o la grande Russia di Putin, con la metropoli Mosca dove le luci dei centri commerciali e dei palazzoni non illuminano le miriadi di umili e grigi appartamenti di chi lavora duramente per pochi rubli.
E se non è la guerra degli uomini, è la guerra dichiarata dalla natura, a seminare miseria e profonda crisi economica, come nel caso del terremoto devastante che ha messo in ginocchio il Nepal, dove peraltro, dopo l’emanazione della Costituzione, è piombato anche l’embargo dichiarato dall’India. L’India, un mondo a parte dell’altro mondo, affamatissimo, in cui esistono ancora, a Calcutta, gli “uomini cavallo”, che ti portano in groppa come fossero biciclette.
Appunti di storie che s’intrecciano, sovrappongono, evocano spesso le medesime vicende e immagini, nelle tappe balcaniche sulla via del ritorno.
Nel pienissimo sacco dei ricordi, il più allegro e pesante, è tuttavia, forse, quello del sorriso, dell’ospitalità, della calorosa accoglienza ricevuta da Matthias ovunque. Anche in Thailandia, il “Paese del sorriso”, appunto. Perché lì il modo di sorridere ha tredici variazioni e significati, fino a quello della disperazione.
(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

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