La spinosa questione degli studi clinici nei bambini malati di cancro

ASPETTI ETICI E MEDICI DI UNA STRADA PERICOLOSA MA (FORSE) NECESSARIA: LA SPERIMENTAZIONE

del dottor Giorgio Rossi (Oncologo)

unknownSia negli adulti che nei bambini malati di cancro, nella fase avanzata di malattia, quando i farmaci convenzionali hanno fallito, può accadere di ricorrere a farmaci sperimentali arruolando il paziente in uno studio clinico di fase 1 che rappresenta la fase più precoce della sperimentazione ove il farmaco viene testato per la prima volta nel genere umano e ove si cerca di stabilire la minima dose efficace e valutare gli eventuali effetti collaterali.

E’ di questi giorni la pubblicazione su Plos Medicine di uno studio polacco-canadese in cui viene affrontato il problema dei trial clinici nei bambini malati di cancro.

I ricercatori hanno revisionato 170 studi pubblicati tra il gennaio 2004 e il marzo 2015 riguardanti sperimentazioni cliniche di fase 1 con nuovi farmaci in bambini affetti sia da tumori ematologici che da tumori solidi per un totale di 4.604 pazienti.

Per quanto riguarda gli adulti c’è già la consapevolezza che la fase 1 della sperimentazione è la più rischiosa, le probabilità di successo sono le più basse e quelle di un potenziale danno le più alte dell’intero ciclo di valutazione del prodotto.

 

Perché dovrebbe essere diverso per i bambini?

E’ la domanda che si sono posti gli autori dello studio, trovando la risposta che non piace a nessuno : i trial pediatrici di fase 1 sono pericolosi tanto quanto quelli per gli adulti.

Tutte le accortezze degli sperimentatori non riescono ad offrire, infatti, maggiori garanzie di sicurezza e di efficacia. Generalmente si decide di testare sui più piccoli solo i farmaci già sperimentati sui più grandi e in dosi ridotte.

Nonostante ciò- scrivono i ricercatori – i nostri risultati suggeriscono che i trial clinici pediatrici di fase 1 hanno gravi eventi avversi associati al farmaco e tassi di risposta alla terapia equivalenti a quelli degli adulti.

 

Non tutti i tumori, però, sono uguali. I tumori del sangue, come le leucemie, per esempio, hanno una risposta migliore ai farmaci sperimentali rispetto ai tumori solidi. Infatti le percentuali di risposte obiettive globali, osservate in questa ricerca, sono state del 3,17% nei tumori solidi e del 27,90% nei tumori ematologici.

 

Gli autori dello studio non hanno nessuna intenzione di mettere in discussione la necessità della ricerca nei bambini, infatti scrivono che gli studi clinici di fase 1 in età pediatrica sono fondamentali per stabilire la sicurezza e il dosaggio dei trattamenti anti-cancro.

 

Ma gli scienziati sono convinti che i genitori dovrebbero essere consapevoli dei rischi della sperimentazione quando firmano il consenso informato.

 

E’ vero che i pazienti indirizzati alla sperimentazione non hanno speranza di guarire con le terapie disponibili e che quindi la normale reazione di qualunque genitore con le spalle al muro è quella di tentare il tutto per tutto e accettare una nuova possibilità.

 

Questa decisione, dicono gli autori, non può essere presa senza sapere che i bambini rischiano di essere sottoposti a inutili sofferenze, quando le cure palliative potrebbero invece migliorare la qualità di vita.

 

“I nostri risultati – dichiarano gli autori dello studio – potrebbero essere usati nei moduli di consenso per permettere ai tutori dei piccoli pazienti di prendere decisioni più consapevoli sulla partecipazione agli studi di fase 1. Ma oltre a essere di aiuto ai genitori, lo studio potrebbe aiutare i comitati etici e gli sperimentatori .”

 

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