La pillola anticoncezionale aumenta il rischio di cancro ?

PROVIAMO A FARE CHIAREZZA CON L’ONCOLOGO

del dott. Giorgio Rossi

imagesL’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC) torna su un argomento, da molto tempo dibattuto, cercando di far chiarezza : la pillola anticoncezionale aumenta il rischio di cancro?

Dal momento che gli ormoni prodotti naturalmente dalla donna possono favorire la comparsa di alcuni tumori come il cancro del seno, i ricercatori si sono chiesti se l’uso di pillole contraccettive, che contengono lo stesso tipo di ormoni, è in grado di influenzare il rischio individuale di ammalarsi di cancro.

 

Sono stati condotti numerosi studi nel corso degli anni, fin dalla messa in commercio delle prime pillole contraccettive.

 

Questo ha creato alcuni problemi nell’analisi dei risultati e ha dato origine a informazioni contrastanti circa l’esistenza di tale rischio e la sua consistenza, perché le prime pillole arrivate sul mercato contenevano quantitativi molto elevati di ormoni, a differenza di quelle più moderne a basso dosaggio.

 

Dato che gli studi sul rischio di sviluppare tumori vengono fatti su donne che hanno assunto in passato preparati molto diversi da quelli oggi in commercio, non sempre i risultati si possono applicare ai farmaci oggi venduti nelle farmacie, che sono essenzialmente di due tipi :

 

  • la minipillola che contiene solo progesterone;
  • le cosiddette pillole combinate, che contengono i due tipi di ormoni femminili, gli estrogeni e i progestinici.

 

Per quanto riguarda la minipillola, essendo usata da poche donne, gli studi su questa specifica formulazione sono pochi e condotti su un numero limitato di donne.

 

Per le conclusioni limitate che se ne possono trarre, dimostrano che gli effetti della minipillola sono simili a quelli della pillola combinata, anche se una revisione sistematica pubblicata nel 2016 sulla rivista Breast Cancer Research and Treatment guinge a conclusioni più favorevoli, ritenendo che cinque studi su sei giudicano sicura la minipillola ( usata prevalentemente per trattare i disturbi del ciclo mestruale ).

 

Per quanto riguarda, invece, la pillola combinata, la più utilizzata, gli studi sono più numerosi. Nonostante ciò, presentano anch’essi risultati contraddittori.

 

In generale dimostrano una riduzione del rischio di ammalarsi di cancro dell’ovaio e dell’endometrio , ma un aumento del rischio di cancro del seno, della cervice uterina e del fegato.

 

Il rischio di una donna di sviluppare un cancro del seno dipende da molti fattori, alcuni dei quali legati alla produzione naturale di ormoni.

In particolare il rischio aumenta in tutte le situazioni in cui vi è un’esposizione prolungata ad alti livelli ormonali come un esordio precoce delle mestruazioni, una menopausa tardiva, una prima gravidanza tardiva (o l’assenza di gravidanze).

 

Un recente studio pubblicato nel marzo 2017 sull’American Journal of Obstetrics and Ginecology, che ha seguito 46.000 donne britanniche per oltre 30 anni, dimostrerebbe che le donne che hanno assunto la pillola combinata hanno meno rischi di ammalarsi di cancro dell’endometrio e dell’ovaio negli anni successivi all’interruzione della pillola, e un rischio più alto di cancro del seno durante l’assunzione.

 

Anche questo recente studio, però, è stato contestato perché analizza donne che hanno preso la pillola dal 1969 in poi ( quindi in una situazione molto diversa da quella attuale) e per un tempo medio di 3,5 anni ( probabilmente più breve di quello comune oggi tra le donne che scelgono questo mezzo contraccettivo).

 

Tutti gli studi sui contraccettivi orali hanno, invece, mostrato un effetto protettivo della pillola contro il cancro dell’ovaio. La prima prova di questo effetto risale a una metanalisi pubblicata già nel 1992 che dimostrava una diminuzione del rischio pari a circa il 10% annuo, che arrivava al 50% dopo cinque anni di utilizzo.

 

Tale effetto, secondo studi successivi, è indipendente dal tipo e dal quantitativo di ormoni nella pillola ed è legato solo alla messa a riposo dell’ovaio che, durante il trattamento contraccettivo, smette di lavorare.

 

Rischio ridotto anche per il cancro dell’endometrio che persiste per molti anni dopo la cessazione della pillola.

 

Un uso prolungato di contraccettivi orali è stato associato a un aumento del rischio di cancro della cervice uterina che tende a diminuire alla cessazione.

 

Nel 2002 uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dimostrato che l’aumento di rischio è legato alla presenza di un’infezione da virus del Papilloma Umano (HPV). Ciò starebbe a dimostrare che tra la pillola e il tumore vi sia un legame indiretto: le donne che usano questo metodo contraccettivo in genere non usano il preservativo e sono quindi a maggior rischio di contrarre l’HPV, il vero responsabile del tumore della cervice uterina.

 

Questo problema dovrebbe ridursi man mano che aumenta la percentuale di persone ( femmine e maschi ) vaccinate contro l’HPV.

 

I contraccettivi orali sono stati associati in alcuni studi a forme benigne di tumori epatici, come gli adenomi epatocellulari, forme che molto raramente si trasformano in maligne. La maggior parte degli studi non trova alcuna associazione tra pillola e cancro del fegato (epatocarcinoma).

 

Gli studi condotti in donne con grande familiarità per cancro del seno dimostrerebbero un aumento del rischio associato all’uso della pillola contraccettiva.

 

Si tratta, però, di analisi condotte nei primi anni ’90 del secolo scorso, in donne che hanno preso la pillola negli anni ’60 e ’70, quindi poco applicabili alla realtà odierna.

 

Comunque l’AIRC raccomanda che le donne che hanno familiarità per cancro del seno dovrebbero discutere la scelta anticoncezionale con un medico esperto ( per esempio un ginecologo con competenze in oncologia) per fare la scelta più utile a livello individuale.

 

Infatti, sul piatto della bilancia deve sempre avere il giusto peso la sua funzione principale, ovvero la prevenzione della gravidanza indesiderata.

 

La pillola è il metodo contraccettivo più sicuro in assoluto, con un tasso di fallimento inferiore all’1% : un dato che deve essere preso nella giusta considerazione in particolare in categorie fragili come le adolescenti o le donne che non vogliono o non possono assolutamente rischiare una gravidanza indesiderata.

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