La Corte Europea dei Diritti dell’uomo bacchetta l’Italia sui trattenimenti a Lampedusa 

SFATATO IL MITO DEI MIGRANTI IRREGOLARI SENZA ALCUN DIRITTO Di dott.ssa Fedora Fratini

Nell’immaginario collettivo, in un clima generale di totale diffidenza e paura per i frequenti attacchi terroristici che continuano a sconvolgere l’Europa (e non solo), il migrante assume la connotazione di un possibile terrorista che si aggiunge alla lista infinita dei soggetti pericolosi da tenere sotto controllo.

E’ quasi come se il migrante non fosse da considerare un essere umano ed è come se si escludesse che egli sia titolare di diritti inviolabili da tutelare.

Il diritto di migrare, tuttavia, costituisce già, in sé medesimo, un diritto, riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, agli articoli 13 e 14 e la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con Sentenza depositata il 15 dicembre scorso, sul caso Klhaifia e altri c. Italia., si è definitivamente pronunciata sulla condizione dei migranti, relativamente ai trattenimenti di Lampedusa di cinque anni fa.

La vicenda risale al 2011, quando diversi cittadini tunisini, dopo il loro sbarco a Lampedusa, furono temporaneamente sistemati in un centro di accoglienza e vennero successivamente confinati su due navi ormeggiate nel Porto di Palermo, per essere, poi, rimpatriati in Tunisia.

All’unanimità la Grande Camera ha riconosciuto la violazione dell’art. 5 CEDU (diritto alla libertà e alla sicurezza), nonché dell’art. 13 CEDU (diritto ad un ricorso effettivo) in relazione all’art. 3 CEDU (divieto di trattamenti disumani e degradanti).

I ricorrenti, infatti, erano stati trattenuti illegalmente nel centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa e successivamente su alcune navi attraccate sul Porto di Palermo, in mancanza di una base legale nel diritto interno, facendo di tali luoghi un centro di detenzione.

Il Governo Italiano, inoltre, non aveva fornito loro alcuno strumento, ai fini di lamentare le condizioni di trattenimento, né per contestare eventuali violazioni dell’art. 3 CEDU.

Contrariamente a quanto deciso dalla Camera nella sentenza del 01.09.2016, non sono state riconosciute dalla Grande Camera né la violazione dell’art. 3 CEDU sotto il profilo sostanziale, né la violazione dell’art. 4, Protocollo 4 alla CEDU (divieto di espulsioni collettive) e dell’art. 13 CEDU rispetto a quest’ultimo.

Sulla questione dell’espulsione si segnala, inoltre, una significativa “dissenting opinion”, che nella sostanza fa propri i principali argomenti spesi dai ricorrenti.

Una Sentenza, dunque, di cui non solo dovranno tener conto le istituzioni italiane nei trattamenti riservati ai migranti alle frontiere, ma che soprattutto rafforza coloro che da anni si battono contro quella sospensione del diritto, cui le istituzioni si sentono autorizzate nei confronti dei migranti alle frontiere, chiedendone il rispetto della dignità e dei diritti.

 

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