Inserito nel codice penale il traffico d’organo da vivente

ANALISI DEL REATO

di dott.ssa Giorgia Mazzei

Con la legge 11 dicembre 2016, n. 236 è stato inserito nel codice penale l’art. 601-bis che punisce il traffico di organi prelevati da persona vivente, anche in relazione a chi ne organizza o pubblicizza i relativi viaggi ovvero diffonde, anche per via informatica, annunci tesi a tale scopo. Parimenti, è stata estesa a tali nuove fattispecie, nonché a quelle vigenti relative al traffico d’organi di persone defunte, la disciplina dell’associazione per delinquere di cui all’art. 416, comma 6,c.p. I nuovi reati entrano in vigore il 7 gennaio 2017.La necessità di trapianti di organi è aumentata, negli ultimi tempi, anche in riferimento ai progressi della medicina, in modo esponenziale. Tuttavia, alla crescita della domanda non corrisponde un’offerta altrettanto paritaria, posto che, comunque, essa deve seguire l’iter legalmente istituzionalizzato. Si assiste, così, al fenomeno del traffico illegale di organi da vivente, ove il donatore viene individuato in soggetti in situazione di povertà, in genere del terzo mondo, i quali, pur di sopravvivere, offrono l’espianto di un proprio organo previa corresponsione di una somma di denaro. Non solo: tale traffico avviene tramite mediatori, molto spesso anche facenti parte di associazioni criminali, che trattengono lauta quota del prezzo richiesto al fruitore.

In breve, il traffico di organi umani da vivente ha dato vita ad una sorta di commercio internazionale e ad un turismo dedicato a tale finalità, costituendo una forma di vera tratta di essere umani, con una grave violazione dei diritti dell’uomo, della sua dignità e della sua integrità fisica. Analizziamo meglio la norma e l’art. 601-bis, rubricato come “Traffico di organi prelevati da persona vivente”, il quale, al primo comma, punisce con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da euro 50.000 a euro 300.000 chiunque, illecitamente, commercia, vende, acquista ovvero, in qualsiasi modo e a qualsiasi titolo, procura o tratta organi o parti di organi prelevati da persona vivente. Se, poi, il fatto è commesso da persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l’interdizione perpetua dall’esercizio della professione. Si noti che non a caso tale disposizione è stata inserita dopo l’art. 601 c.p., che punisce la “tratta di persone”, a conferma che la fattispecie introdotta costituisce una forma particolare della tratta stessa.

Prima ancora di soffermarci sulla fattispecie prevista, si deve richiamare l’art. 604 c.p., in forza del quale tutte le disposizioni della Sezione di cui costituisce il dettato di chiusura (trattasi della Sezione I, propria dei delitti contro la personalità individuale, nell’ambito del Capo terzo che contempla i delitti contro la libertà individuale) si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso con cittadino italiano (anche se, in quest’ultima ipotesi, lo straniero è punibile quando si tratta di delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e quando vi sia stata richiesta del Ministro della giustizia): quindi anche in riferimento al delitto di cui al novello art. 601-bis c.p.

L’art. 601-bis c.p. spicca, quindi, per l’avvertita esigenza di punire il fenomeno del traffico di organi nella completezza delle sue possibili manifestazioni, onde non incorrere, rispetto ad eventuali fattispecie concrete, nella indeterminatezza o nella sua non sufficiente precisione e/o estensione, con il conseguente richiamo al principio di legalità e di tassatività. Ne fa fede l’inciso “in qualsiasi L’avverbio “illecitamente” costituisce una clausola di illiceità speciale e non deve intendersi come espressione superflua o tautologica rispetto alla criminosità della fattispecie. Se, infatti, si riferisce al traffico d’organi svolto in modo non consentito, allora viene a colpire quello che si svolga anche nel territorio nazionale, sia pur gratuitamente, e senza mediazione, ma in violazione delle priorità di attesa stabilite dalla normativa vigente ovvero in riferimento ad organi di cui è vietato il trapianto Nello specifico, il secondo comma dell’art. 601-bis c.p., punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da tre a sette anni (inferiore, quindi, rispetto a quella del primo comma) e con la multa da euro 50.000 a euro 300.000 (quindi: la stessa di cui al primo comma) chiunque organizza o propaganda viaggi ovvero pubblicizza o diffonde, con qualsiasi mezzo, anche per via informatica o telematica, annunci finalizzati al traffico di organi o parti di organi di cui al primo comma. La disposizione viene, pertanto, a colpire i soggetti che, nei modi ivi previsti con compiutezza delle variegate possibilità, si attivino in ordine al “turismo” volto al traffico di organi umani. Se, poi, tale attività anche si concretizzi, in qualunque modo, al traffico stesso deve richiamarsi la clausola di cui all’incipit della disposizione, per cui non si avrà concorso di reati, bensì solo l’applicazione della fattispecie criminosa del primo comma. L’art. 2 della legge in oggetto, recante “Modifiche all’art. 416 del codice penale”, inserisce alcuni rifermenti al sesto comma dell’art. 416 c.p., che prevede una forma aggravata del delitto di associazione per delinquere: la reclusione da cinque a quindici anni per coloro che promuovono od organizzano l’associazione e la reclusione da quattro a nove anni per il solo fatto di partecipare all’associazione stessa. Alle fattispecie previste viene accostata anche quella di cui all’art. 601-bis nonché quelle degli articoli 22, commi 3 e 4, e 22-bis, comma 1, della legge 1° aprile 1999, n. 91.

L’art. 416, comma 6, così novellato, pertanto, viene a punire in forma aggravata l’associazione a delinquere (nelle due distinzioni previste) non solo nell’ipotesi in cui sia finalizzata al traffico di organi umani da vivente (il novello art. 601-bis), ma anche da persona defunta. Infatti, la citata legge n. 91 del 1999, recante “Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi o di tessuti”, punisce chiunque, a scopo di lucro (comma 3: reclusione da due a cinque anni) ovvero gratuitamente (comma 4: reclusione fino a due anni) procura un organo o un tessuto prelevato abusivamente da soggetto di cui sia stata accertata la morte (ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578) ovvero ne fa commercio, mentre l’art. 22-bis punisce al primo comma (reclusione da tre a sei anni e multa da euro 50.000 a euro 300.000) chiunque a scopo di lucro svolge l’opera di mediazione di organi da vivente. In effetti, proprio in riferimento a tale ultima disposizione, l’art. 3 (rubricato “Modifiche alla legge 1° aprile 1999, n. 91”), della legge in commento eleva, alla lettera a) la prevista pena della reclusione fissandola da tre a otto anni.

Sempre l’art. 3 viene ad abrogare, alla lettera b), il comma 2 della predetta legge, il quale originariamente stabiliva la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pubblicizzi la richiesta d’offerta di organi ai fini di conseguire un profitto finanziario o un vantaggio analogo. Tale disposizione è, ovviamente, superata da quanto disposto, con la più severa sanzione penale, proprio dal citato art. 601-bis, comma 2, c.p., introdotto dalla legge in oggetto. Infine l’art. 4 della legge de qua viene ad abrogare l’art. 7 della legge 26 giugno 1967, n. 458, recante “Trapianto del rene tra persone viventi”, il quale punisce con la reclusione da tre mesi ad un anno e con la multa (originariamente da lire 300.000 a lire 6.000.000, ovviamente da convertire in euro: da 154,9 a euro 3098,7) chiunque a scopo di lucro svolge opera di mediazione della donazione di un rene. Tale abrogazione viene, pertanto, ad evitare ogni possibile ambiguità interpretativa ed il possibile concorso apparente di norme fra siffatta disposizione e quella del nuovo art. 601 c.p. In definitiva, con la legge 11 dicembre 2016, n. 236, il legislatore ha voluto sanzionare il traffico d’organi da vivente nelle sue varie forme, estendendo la fattispecie aggravata dell’associazione per delinquere non solo a quella finalizzata al traffico d’organi da vivente, ma anche a quella da defunto, ricomprendendo nella fattispecie base anche il cosiddetto turismo all’uopo finalizzato.

Una qualche perplessità sorge, rispetto alla previsione onnicomprensiva del primo comma dell’art. 601-bis, alla pari punibilità di colui che vende l’organo rispetto a quella dell’acquirente: usualmente trattasi di un soggetto in condizioni di estrema povertà che vende parte del proprio corpo per la sopravvivenza propria o della sua famiglia: quindi, per certi versi, non soggetto attivo, ma vittima di quella tratta di organi e, in prospettiva, dello stesso essere uomo, specie se in balia di associazioni criminali. Non a caso la Relazione che accompagna il disegno di legge parla di “un vero e proprio neo cannibalismo che considera il corpo degli altri come fonte di pezzi di ricambio con cui poter prolungare le nostre vite”. Per quanto non sia possibile approfondire tale eventualità in sede di prima lettura, ci si presenta l’eventualità del possibile richiamo, ad esempio, allo stato di necessità.

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