Ex Convento S.Francesco, in salvo molti reperti

OPERAZIONE DELLA SOPRINTENDENZA AD ANCONA

 

I tecnici della ditta “Gamma srl” impegnati nel recupero dei reperti scultorei da 70 anni abbandonati in un cunicolo dell’ex Convento di San Francesco (Ancona, 12 aprile, foto di Giampaolo Milzi)
I tecnici della ditta “Gamma srl” impegnati nel recupero dei reperti scultorei da 70 anni abbandonati in un cunicolo dell’ex Convento di San Francesco (Ancona, 12 aprile, foto di Giampaolo Milzi)

ANCONA – di Gianpaolo Milzi – “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Se quelle pietre di grande valore parlassero pronuncerebbero l’ultimo versetto de “L’Inferno” di Dante Alighieri. La frase espressa dal sommo poeta quando, dopo aver attraversato con Virgilio la “la natural burella” che collega l’Inferno alla spiaggia dell’Antipurgatorio, contempla il cielo stellato dell’altro emisfero. Parole che ben si addicono all’evento “andato in scena” il 12 aprile scorso e nei giorni seguenti nella zona in cui il tratto finale di via Fanti separa l’ingresso di una specie di tunnel del complesso dell’ex Convento di San Francesco alle Scale (salendo a sinistra subito dopo la scuola Tommaseo) e l’entrata di Palazzo Camerata, una manciata di metri più giù sulla destra, sede dell’assessorato comunale alla Cultura. Un’operazione attesissima, da due anni e mezzo, quella concretizzatasi nel recupero e trasferimento di oltre venti reperti scultorei, quasi tutti di epoca medievale o rinascimentale, costretti nel buio e dimenticati nella galleria sopra citata dall’immediato dopoguerra, dopo che tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1944 sia la trecentesca chiesa di San Francesco, che i vari edifici con chiostro della vastissima zona monastica erano stati devastati e quasi totalmente distrutti dai bombardamenti aerei degli alleati. Un’operazione attuata nel cuore del centro storico di Ancona sotto la regia della Soprintendenza unica delle Marche, che ha ingaggiato quattro tecnici della “Gamma srl” di Fano, specializzata in conservazione restauro di beni artistici. Un lavoro complesso e delicato, che ha consentito di riportare alla luce e sistemare nel cortile di Palazzo Camerata pezzi di alto pregio artistico e storico: per lo più lapidi con iscrizioni e stemmi araldici di antiche famiglie anconitane, lastre anch’esse con scritte – in pietra calcarea del Conero, in pietra D’Istria o di Paragone -, un pezzo di colonna antichissima, numerosi elementi e frammenti architettonici e scultorei lavorati con motivazioni ornamentali. Molti dei reperti, in particolare gli stemmi, sono stati studiati e identificati da Giuseppe Barbone, ex funzionario del settore Cultura del Comune, appassionato di storia anconetana e di araldica, consulente dell’Urlo Indiana Jones Team, il nostro gruppo da anni impegnato nel recupero e la valorizzazione di beni e siti dimenticati ma capaci di raccontare importanti pagine del passato cittadino. Molte di queste “pietre della memoria” erano originariamente collocate nei tanti monumenti tombali che caratterizzavano la Chiesa di San Francesco alle Scale, attigua alla galleria dell’omonimo convento dove probabilmente furono accatastate dopo le devastazioni belliche. Ecco alcune di quelle non ancora “ben decifrate” (le altre sono descritte nel secondo articolo di questa pagina): uno stemma araldico con iscrizione; una grande lastra, frantumata ma completa, coi quattro bordi caratterizzati da scritte in gotico, datata 1432, recante al centro una complessa raffigurazione in cui compare un leone con sotto lo stemma della nobile famiglia anconetana dei Bonarelli; un’altra lastra (rotta in tre parti rimaste unite) che raffigura un uomo seduto vestito con abito lungo e drappeggiato, dal volto barbuto, che tiene in mano un libro e guarda, sembrando che gli parli, il busto di una figura maschile in cima a un capitello; ancora una lastra, che sembra un grosso mattone, con incise le parole “REGINA CIELI” e sotto un cuore; un capo con la bocca spalancata, che sembra di un angelo, tecnicamente un “doccione”, pertinente alla parte terminale di una delle condotte idriche che caratterizzavano i plurisecolari palazzi, con funzione di deflusso delle acque piovane. 

Importantissime “pietre della memoria” anconetana, lo sottolineiamo di nuovo, che per oltre 70 anni sono state abbandonate all’oblio nella galleria del convento che si apre in cima a via Fanti. Rimaste nella maggior parte dei casi in buone condizioni, nonostante coperte via via nei decenni da strati di polvere, rifiuti, sporcizia, confuse con travi di legni, tubi innocenti e altri residui di materiale edile e di crolli. 

Sul posto, a guidare le operazioni per la Soprintendenza, il dott. Pierluigi Moriconi, funzionario storico dell’arte, e la dott.ssa Francesca Farina, assistente tecnica del settore storico-artistico. 

Un intervento attesissimo, lo ribadiamo. Perché la scoperta di questo giacimento di tesori risale al 12 novembre del 2015. Quando per la prima volta una delegazione di tecnici comunali, guidata dall’ing. Ermanno Frontaloni, dirigente dell’Ufficio Patrimonio, e integrata, fra gli altri, da due componenti dell’Urlo Indiana Jones Team e del gruppo Recuperankona, aveva compiuto una lunga visita fra le rovine del complesso dei frati francescani. I due dell’Urlo Indiana Team e di Reuperankona, seguiti poi da Frontaloni, si erano spinti fino al cunicolo voltato riaperto il 12 aprile. E avevano fotografato molti reperti, che già da allora erano stati studiati da Barbone. Il quale sta aiutando la Soprintendenza ad approntare schede descrittive di catalogazione. I reperti, grazie alla piena collaborazione dell’assessore comunale alla Cultura, Paolo Marasca, potrebbero essere esposti – secondo una prima ipotesi e per un periodo iniziale – nelle sale di Palazzo Camerata. 

Quindi, occorrerà attendere la seconda tappa dell’impresa. Ovvero l’accesso nel Salone del Capitolo in cima a via Fanti, prima della seconda guerra mondiale parte fondamentale dell’ex Museo Archeologico delle Marche (l’unico edificio rimasto in piedi del complesso conventuale) dov’è abbandonato da 75 anni un altro tesoro di “pietre della memoria anconetana”. Un tesoro costituto, anche in questo caso, da stemmi araldici, tra i quali quello monumentale di Papa Innocenzo XII (fine ‘600), 

da una lapide commemorativa di Papa Urbano VIII (prima metà del ‘600), da una testa di leone, da un bassorilievo in pietra di paragone con prigionieri legati e con i capi coperti da turbanti, numerosissime lastre tombali con iscrizioni, frammenti di colonne e di elementi architettonici, un meraviglioso portale del ‘500, tutti reperti databili XIV – XVIII secolo. Anche queste opere

erano state scoperte, ma dimenticate dalle istituzioni,

nel lontano marzo 2008 dall’Urlo Indiana Jones Team, da Giuseppe Barbone e dal compianto dott. Giuseppe Jannaci, anche lui esperto di storia locale. 

(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

 

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