Consulta, pronuncia storica: ai figli anche il cognome della madre

L’ANALISI GIURIDICA
 di dott.ssa Gaia Giulietti

“Viola i principi costituzionali l’automatica attribuzione del cognome paterno ai figli, in presenza di una diversa volontà dei genitori”.

E’ quanto statuito dalla Consulta con sentenza del corrente 08 Novembre, destinata a passare alla storia. La Corte Costituzionale, infatti, ha accolto la questione di legittimità in merito sollevata dalla Corte d’appello di Genova sul cognome del figlio di una coppia italo brasiliana.

Questa, residente a Genova, aveva subito il rigetto della richiesta avente ad oggetto la registrazione del bambino con il doppio cognome. La rilevanza dell’accoglimento della medesima, nel caso di specie, è da ravvisare nell’armonizzazione della condizione anagrafica del bambino medesimo, il quale, in virtù della doppia cittadinanza, è identificato in Brasile con il doppio cognome, la cui attribuzione, al contrario, veniva negata in Italia.

A fondamento del ricorso esperito dalla coppia, si lamentava come l’attuale sistema normativo fosse “all’evidenza irragionevole”, adducendo come l’unica azione ad oggi esperibile al fine di aggiungere il cognome materno a quello paterno, attribuito in via automatica, sia viziata da ingiustizia sostanziale, in quanto la relativa decisione è fondata sulla mera discrezionalità.

Infatti, l’azione de quo si sostanzia nel ricorso alla Prefettura, la quale, in assenza di una regolamentazione specifica in materia, non può che fondare le proprie pronunce su altri criteri quali la valutazione della ragionevolezza dei motivi posti a fondamento del ricorso.

La Corte d’appello di Genova ha ritenuto opportuno inviare gli atti alla Consulta, sollevando contestualmente la questione di legittimità costituzionale.

La Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma che attribuisce automaticamente il cognome paterno al figlio, qualora entrambi i genitori vorrebbero delle generalità diverse per il neonato.

E’ necessario ora attendere il deposito delle motivazioni della sentenza medesima, affidate al Giudice Giuliano Amato, al fine di comprendere le ragioni sottese alla pronuncia della Corte, chiamata a pronunciarsi su una norma implicita del nostro ordinamento. Ossia, una norma non prevista in modo esplicito dal nostro ordinamento, bensì desumibile dal combinato disposto di una serie di disposizioni che sanciscono l’attribuzione automatica del cognome paterno ai figli legittimi nati dal matrimonio anche in presenza della diversa volontà dei genitori avente ad oggetto l’attribuzione al minore di entrambi i cognomi.

A ben vedere, già nel 2006 la Consulta era stata chiamata a pronunciarsi in materia. Tuttavia, la medesima, pur definendo l’attribuzione automatica del cognome paterno un “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia”, dichiarava inammissibile la questione ritenendo come la materia esorbitasse dalle proprie prerogative nonchè ravvisando, al contempo, la necessità dell’intervento del legislatore sul punto.

Dalla summenzionata pronuncia, tuttavia, il quadro normativo di riferimento ha subito delle rilevanti modifiche, tali da indurre la Corte d’appello di Genova a ritenere necessaria una nuova pronuncia della Consulta.

Gli eventi che hanno determinato il mutamento del quadro normativo sono, prevalentemente, di matrice internazionale. In primo luogo, infatti, l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha introdotto il divieto di qualsivoglia discriminazione fondata sul sesso. Successivamente, nel settembre 2014, la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia ravvisando la violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in quanto non prevede, nell’ordinamento, una deroga all’automatica attribuzione del cognome paterno.

Alla luce delle circostanze esposte, il legislatore ravvisava la necessità di un intervento legislativo su tale tema di rilevante attualità, provvedendo, nel 2014, all’elaborazione di un disegno di legge che attribuisse ai genitori la facoltà di attribuire al neonato entrambi i cognomi ovvero esclusivamente quello della madre. Tale ratio si voleva perseguire attraverso l’introduzione dell’art. 143 quater c.c., formulato nel senso di disporre che “i genitiori coniugati, all’atto della dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo la loro volontà, il cognome del padre o della madre ovvero quello di entrambi nell’ordine concordato”.

Tuttavia, in seguito all’approvazione alla Camera nel settembre 2014, il ddl in oggetto è rimasto, ad oggi, silente in Commissione Giustizia del Senato in virtù dei contrasti sorti in seno alla maggioranza medesima.

Pertanto, la materia è rimasta priva di regolamentazione normativa. Ancora una volta, è stata la magistratura e, nel caso di specie, la Corte Costituzionale, a superare la politica con riferimento ai problemi che incidono sulla vita quotidiana della collettività.

La decisione dei giudici della Corte Costituzionale è stata definita “giusta” dalla psicologa dell’età evolutiva Maria Rita Parsi, la quale ha rilevato come la medesima sia “rispettosa dei diritti delle donne e dei bambini” ed incida sull’affermazione della parità della figura paterna e materna all’interno della struttura familiare. Inoltre, la sentenza costituisce una spinta verso il superamento degli ostacoli che ancora si frappongono ad una assoluta parità di genere nel campo economico, sociale, lavorativo nonché familiare.

Si auspica che tale pronuncia possa indurre il Senato verso la risoluzione del contrasto sorto in merito al presentato ddl, al fine di approvare una normativa che tenga in considerazione dei mutamenti intervenuti nel quadro normativo di riferimento e volta a tutelare i diritti sanciti a livello Costituzionale.

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