A spasso sotto il viale della Vittoria

ANCONA UNDERGROUND, NUOVO STEP

ANCONA – di Giampaolo Milzi – La “Ancona di sotto” dell’acqua perenne e millenaria batte forte un nuovo colpo, e gli anconetani, con qualche turista, rispondono forte. Visto il crescente successo che sta riscuotendo il progetto “Ancona sotterranea”, organizzato dall’Amministrazione comunale in collaborazione con l’associazione delle guide speleologiche della Regione Marche. Il nuovo colpo, ovvero il nuovo percorso ipogeo di visita guidata, è stato inaugurato domenica 3 settembre. Un’ora e mezza circa di passeggiata, per una lunghezza di 410 metri, sia all’andata che al ritorno, dalla zona ingresso dello Stadio Dorico fino al Monunento ai Caduti al Passetto. Ci si cala da un tombino di fronte al vecchio impianto sportivo lungo un pozzetto verticale, per proseguire poi curvi per una prima sezione, seguita da una lunga rampa in cui la volta s’innalza già all’altezza di poco più di 2 metri, la stessa del percorso successivo che tira ben diritto, per una larghezza di 90 cm, a una quota media di 8-10 metri sotto la superficie, seguendo l’andamento del viale della Vittoria. Ottimo lo stato di conservazione della galleria, con volta a botte, tutta ricoperta da mattoni. Lungo le pareti laterali, ogni tanto delle nicchie un tempo usate per riporre le lucerne (quando ancora non esisteva l’energia elettrica): erano l’unico strumento di orientamento per i fontanieri addetti alla manutenzione. Il tipo di realizzazione in muratura e mattoncini è da attribuire ai rifacimenti e alle risistemazioni avvenute tra l’800 e l’inizio del ‘900, ed è lo stesso di parte di uno dei due tratti del complesso di condotta idrica ipogea detto di “Acquedotto di Santa Margherita” (molto vecchio, con iscrizioni settecentesche), che si estendeva anch’esso sotto l’area dell’attuale quartiere Adriatico e anche verso il fianco colle Cardeto che dà su via Cadore, e conduceva all’omonima Fonte.
 La presenza dell’acqua, sorprendentemente limpida, ci accompagna costantemente assieme alle guide. Scorre in piccoli rivoli in una canaletta centrale (di cm 25 x 25) ai cui due lati si erge lo stretto pavimento. Limpida l’acqua, ma caratterizzata da una presenza particolare: sottili fasci di radici tra loro avviluppate e intrecciate, giunte fin lì dagli alberi e dalle piantumazioni della zona viale grazie alla strepitosa forza della natura; fasci che danno vita in qualche caso a un’unica matassa che come un cavo si dilunga per decine e decine di metri, a mo’ di fantasioso e mitico “Filo d’Arianna”. L’aria è fresca ma ovviamente pregna di umidità. E il lentissimo scorrere dei rivoli non ha impedito all’abbondanza di calcare di cristallizzarsi come piastrelle di vetro, che hanno imprigionato buona parte delle radici. 

Dopo circa 40 metri ecco che sulla sinistra si apre una breve diramazione (che va in direzione del sito della cosiddetta “Chioccia” di via Trento, a sua volta collegato con la Cisterna di piazza Stamira), preceduta da una paratia un tempo usata per regolare il livello della portata idrica. Questo ramo conduce, prima di interrompersi, ad un pozzo profondo 13 metri e 20 e largo 1 metro e del diametro di 1 metro e 40. Se ne incontra un altro, sempre sulla sinistra, al termine del nostro viaggio “underground”, che scende ben oltre i 20 metri, collegato al primo e come il 

primo colmo della stessa acqua, che passa dall’uno all’altro grazie al principio del vasi comunicanti. 

Questo tratto sotto il viale della Vittoria ha avuto la sua ultima sistemazione nei primi decenni del XX secolo, funzionale all’espansione edilizia del nuovo rione Adriatico. Là dove prima era solo campagna, in gran parte coltivata a macchia di leopardo, da qui la sua denominazione di “Piana degli orti”, in origine Valle della Pennocchiara, centinaia e centinaia di anni fa percorsa da un torrente poi interratosi. E i contadini della Piana si servivano dei vari pozzi di questa zona per irrigare le loro coltivazioni.

Sotto il viale, una passeggiata “underground” di un’ora e mezza. Ma nessuno ha mai calcolato quanto tempo ci vorrebbe per percorrere tutto l’intricato itinerario del vecchio acquedotto, oggetto di scavi e accrescimenti in vari periodi successivi. I vari accessi laterali pertinenti alle varie diramazioni incontrate durante “il passaggio” sotto il viale, fanno parte infatti del grandissimo impianto idrico che ancora giace come un labirinto – per la maggior parte della sua estensione ancora da rendere percorribile, e non del tutto esplorato – sotto un’area vastissima che va da dalle falde a sud di Ancona fino al porto, con diramazioni sotto i colli della città, come quelle più antiche sotto il già citato Cardeto, e sotto il Guasco. Circa 3 km di cui si ipotizza la realizzazione già in epoca romana. Ma si ipotizza anche un’origine ancora più remota. L’acqua ancora incanalata in buona parte di questi 3 km – che scorre nel già citato “Acquedotto di Santa Margherita”, arriva alla Fonte del Calamo e alla Cisterna di piazza Stamira fino allo scalo marittimo e a Porta Pia (per citare solo alcuni punti) – avrebbe la stessa origine di quella che fin dalla notte dei tempi scorre nelle viscere del Monte Conero. A confermare questa ipotesi sarebbero i misteriosi cunicoli che si ritrovano, appunto, alle falde del Conero, nella zona delle cosiddette “Gradine”. In particolare in quell’area è stata captata la Fonte di Capodacqua (Sirolo). Dalla stessa fonte prende avvio il lungo cunicolo di circa 2 km, tuttora percorribili, che scende fino a Numana. Mentre in direzione nord, si allungherebbero ancora altri tunnel fino all’antico acquedotto di Ancona, con le sue tante tappe ipogee, oltre al viale della Vittoria, via Santa Margherita, la già citata fonte di via Cadore-Cardeto fino allo scalo marittimo e a Porta Pia (per citarne alcune). Insomma, si può immaginare che in epoca già preromana sotto la zona tra il Conero e Ancona esistesse un reticolo di strette gallerie che si sviluppava per 20 km. Perché realizzare un’opera così immane per quei tempi? Per rifornire d’acqua i millenari approdi naturali, poi porti veri e propri, delle colonie greche Numana e Ancona. Ci fa sognare, l’espertissimo Recanatini, che tira in ballo addirittura i Pelasgi. “Sì,quello che i Greci chiamavano l’antico popolo del mare, del periodo preellenico, i mitici navigatori più antichi. Furono loro a gettare le fondamenta dell’Ancona di sotto”. 

Nelle intenzioni dell’’Amministrazione comunale l’avventura idrico-ipogea si estenderà. Entro la prossima primavera dovrebbe essere risistemato e aperto al pubblico lo stupefacente sito della Chioccia d’Oro di via Trento. Poi dovrebbe essere il turno dei cunicoli sotto corso Mazzini.

(articolo tratto da Urlo-mensile di resistenza giovanile)

 

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