Giustizia e Santa Sede: abolito l’ergastolo ed introdotto il reato di tortura

 
CON UN PROVVEDIMENTO MOTU PROPRIO DI PAPA FRANCESCO, LA SANTA SEDE ABOLISCE L’ERGASTOLO ED INTRODUCE IL REATO DI TORTURA NELL’ORDINAMENTO INTERNO. L’ITALIA RESTA INDIETRO.

-di Avv. Valentina Copparoni

 

chiamiamola-tortura-Citta’ del Vaticano, 21 luglio 2014- Il 12 luglio 2013, con un provvedimento di Papa Francesco, la Santa Sede ha introdotto nell’ordinamento interno il reato di tortura.
Si tratta delle nuove disposizioni contenute nella lettera apostolica in forma di “motu proprio” con la quale il Santo Padre procede nella riforma del sistema penale della Santa Sede.
Dopo il grave scandalo del cosi detto “Vatileaks”, la mano del Pontefice è molto severa e ammonisce in qualche modo non solo gli ecclesiastici, ma tutto il personale anche laico alle dipendenze della sede apostolica e di tutte le organizzazioni in qualche modo collegate.
Oltre all’introduzione del reato di tortura viene anche abolita la pena dell’ergastolo, prevista sulla carta ma difatto mai applicata. D’altra parte lo stesso papa Francesco ha affermato che “Siamo tutti peccatori. Non c’è nessun peccato per il quale non è possibile il perdono divino, anche per i non credenti”.
Ad onor del vero le nuove disposizioni vaticane proseguono un percorso già intrapreso da Papa Benedetto XVI già nel 2010. La legislazione interna risaliva addirittura al Codice Zanardelli, adottato nel 1929 in seguito alla firma dei Patti Lateranensi che istituirono la Città del Vaticano.
Tra le altre novità in tema di norme penali si ha un inasprimento delle pene per i delitti contro i minori tra i quali la vendita, la prostituzione, l’arruolamento e la violenza sessuale in loro danno; la pedopornografia; la detenzione di materiale pedopornografico; gli atti sessuali con minori.
Per la prima volta è stabilito che, nella lotta agli abusi sui minori, potranno essere perseguiti non soltanto gli officiali e dipendenti della curia romana, ma anche i nunzi apostolici e il personale di ruolo diplomatico della Santa Sede oltre che i dipendenti di organismi e istituzioni collegati alla Santa Sede e ciò indipendentemente dal fatto che si trovino o meno in territorio vaticano.

Il Vaticano è solo l’ultimo degli Stati nel cui ordinamento penale è stato introdotto il reato di tortura, tra i quali ricordiamo Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Islanda, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria.

Non vi troviamo, però, il nostro Paese in cui, in gravissimo ritardo rispetto quantomeno al resto d’Europa, non ha ancora inserito la tortura, ormai a tutti gli effetti considerata un crimine contro l’umanità, tra le condotte penalmente perseguibili.
In Parlamento sono ferme una serie di proposte, per ora rimaste tali, tra le quali il
DDL CASSON su cui è iniziato il confronto al Senato dove la Commissione Giustizia sta esaminando il testo (n. 362) presentato il 2 aprile scorso da Felice Casson in cui si chiede la reclusione da 3 a 10 anni per “chiunque con violenza, minacciando di adoperare o adoperando sevizie o infliggendo trattamenti disumani o degradanti la dignità umana, infligge acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale o non in grado di ricevere aiuto, al fine di ottenere da essa o da altri informazioni o dichiarazioni su un atto che essa o altri ha commesso o è sospettata di aver commesso, ovvero al fine di punire una persona per un atto che essa o altri ha commesso o è sospettata di aver commesso, ovvero per motivi di discriminazione etnica, razziale, religiosa, politica, sessuale o di qualsiasi altro genere”. In questo caso la pena si applica anche a chi istiga gli altri a commettere il delitto.
Gli anni di reclusione aumentano se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o se dal fatto deriva un alesione grave o gravissima. Si arriva ad una previsione di 30 anni di reclusione se dal fatto deriva la morte.
E’ stato altresì depositato il disegno di legge n. 388 (depositato dal senatore Barani) in cui si prevede la la reclusione da 4 a 10 anni per “il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che infligge a una persona, con qualsiasi atto, dolore o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione”. La pena aumenta se ne deriva una lesione personale. Raddoppia se ne deriva la morte.
Nel febbraio scorso sono state anche presentate tre proposte di legge di iniziativa popolare (su reato di tortura, carceri e droga) , che sono state poi depositate presso la Corte di Cassazione, dalle organizzazioni Antigone, Unione Camere penali italiane, A buon diritto, A Roma insieme, Arci, Associazione nazionale giuristi democratici, Bin Italia, Cgil, Cgil – Fp, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Cnca, Forum droghe, Forum per il diritto alla salute in carcere, Ristretti Orizzonti, Società della Ragione, Vic–Volontari in carcere.
In particolare, la prima proposta riguarda proprio l’introduzione nel nostro ordinamento penale del reato di tortura. Cosi si legge a proposito nella relazione introduttiva “
vuole sopperire a una lacuna normativa grave. In Italia manca il crimine di tortura nonostante vi sia un obbligo internazionale in tal senso. Il testo prescelto è quello codificato nella Convenzione delle Nazioni Unite. La proibizione legale della tortura qualifica un sistema politico come democratico”.

Di seguito la prima proposta

Introduzione del reato di tortura nel codice penale

Art. 1. 1.Dopo l’articolo 608 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 608-bis. – (Tortura) – Il  pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La pena è aumentata se ne deriva una lesione personale. È raddoppiata se ne deriva la morte. Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico  servizio che istiga altri alla commissione del fatto, o che si sottrae volontariamente all’impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente». Art. 2 1.Il Governo italiano non può assicurare l’immunità diplomatica ai cittadini stranieri condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale.2Nei casi di cui al comma 1 il cittadino straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale relativa”.

Ricordiamo che è possibile sottoscrivere l’iniziativa promossa dall’Osservatorio Antigone(http://www.osservatorioantigone.it/index.phpoption=com_content&task=view&id=2545&Itemid=1) o quella creata dall’Associazione Detenuto Ignoto  (http://www.firmiamo.it/introduzionereatoditortura)a firma anche dell’Avv. Fabio Anselmo, Ilaria Cucchi, Lucia Uva, Domenica Ferulli, Patrizia Moretti, Luciano Isidro Diaz, maria Ciuffi, Irene Testa.

Credo che sottoscrivere queste petizioni sia un modo, un piccolo gesto, per non voltarsi dall’altra parte, un modo per far sentire da cittadini la propria voce, quella ognuno di noi dovrebbe sperare di sentire se dovesse trovarsi nelle situazioni in cui purtroppo si sono trovati Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, tutti coloro che erano nella scuola Diaz durante il G 8 di Genova, e tanti altri ancora che spesso non sono sulle prime pagine dei giornali, ma che hanno comunque diritto alla Verità.

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